Economia / Valchiavenna
Sabato 30 Dicembre 2017
Distilleria comunale, il paese dei “grapat”
lavora al progetto
Il sindaco: «La valorizzazione delle attività legate alla grappa si è vivacizzata dopo una mostra. Ora Campodolcino vuole proseguire su questa strada»
Una distilleria comunale nel paese dei grapat, i distillatori di vinacce della Valle Spluga. Per tornare a produrre grappa a Campodolcino e a raccontare una storia che dall’Ottocento ha coinvolto centinaia di piccoli produttori e ha dato vita a imprese di successo.
Il Comune di Campodolcino punta su un’idea da trasformare in progetto concreto per legare sempre di più l’immagine del paese a questo distillato. «Nella nostra valle si è parlato per decenni dei grapat, i produttori di grappa che per secoli hanno operato in varie regioni dell’Italia Centrale e Settentrionale, ma se n’è discusso senza particolari iniziative connesse a quest’esperienza – spiega il sindaco Enrica Guanella -. La valorizzazione delle attività legate a questo prodotto si è vivacizzata negli ultimi dieci anni, dopo la presentazione di una mostra basata sulle ricerche di Gregorio Luigi Fanetti e su manifestazioni come il “Grapìn a Canduslcin” e a varie conferenze e degustazioni. Ora vogliamo proseguire su questa strada». Il prossimo possibile passaggio è chiaro. «Insieme ad alcuni distillatori originari del nostro paese stiamo curando il percorso finalizzato all’apertura di una distilleria a Campodolcino. L’obiettivo - attraverso una fondazione - è tornare a produrre grappa legata al territorio, costruendo una possibile sinergia con la riscoperta della viticoltura a Chiavenna e dintorni, proprio come avveniva in passato, visto che si utilizzavano le vinacce della Valchiavenna. Certo, il percorso è impegnativo, ma crediamo che sia importante affrontarlo perché si tratta di un prodotto che può avere un ruolo da protagonista nell’offerta enogastronomica e nella narrazione delle specificità del nostro paese». In municipio, con il supporto di vari addetti ai lavori, prossimamente si concentrerà l’attenzione sui canali di finanziamento e sull’eventuale gestione della distilleria. «Ci piacerebbe associare all’attività produttiva iniziative didattiche, per raccontare il metodo di produzione a fuoco diretto, e uno spazio dedicato all’illustrazione di queste storie e delle produzioni delle aziende».
Oggi l’attività dei distillatori originari di Campodolcino prosegue in vari stabilimenti situati in Valtellina e in altre province del Nord. Un esempio particolarmente significativo è quello della Distilleria Scaramellini di Castelnuovo del Garda (Verona). L’inizio della produzione risale al 1921. Dopo la Prima guerra mondiale il fondatore, il mastro distillatore Antonio Scaramellini, originario del paese della Valle Spluga, decise di produrre grappe di altissima qualità in una zona dalla grande tradizione vitivinicola, conosciuta durante l’esperienza bellica. Iniziò quindi la costruzione di un imponente distillatore in rame e mattoni refrattari, una vera e propria opera d’arte. Attualmente la produzione, che si svolge ancora con l’antico metodo dell’alambicco in rame a ciclo discontinuo a fuoco diretto, comprende grappe di Recioto, Lugana, Bardolino e Amarone. Vitigni del Veneto, affiancati alle profonde radici nella tradizione della “Val di giust”.
Fra i tanti elementi che nel tempo hanno mantenuto vivo il legame con Campodolcino c’è stato il ruolo dei collaboratori provenienti dalla Val San Giacomo che operarono, per decenni, nel piccolo stabilimento veronese. «L’ultimo testimone di questa migrazione stagionale è stato Andrea Guanella, campodolcinese che fino al 2009 trascorreva i mesi autunnali e invernali nell’entroterra gardesano – racconta l’avvocato Antonio Scaramellini, nipote del fondatore, di cui porta il nome -. Questa tradizione dei grapat che lasciavano il paese per lavorare in tutto il Nord Italia è proseguita fino a pochi anni fa. La riscoperta di questa componente della storia locale è senza dubbio preziosa».
© RIPRODUZIONE RISERVATA