Che sia ad aprile, come annunciato, o a maggio, per qualche imprevisto, l’attesa durata più di un decennio sta per concludersi. All’ingresso dell’area, ancora chiusa ma ben visibile, un Manzoni in grande formato, che occhieggia con fare complice, soddisfatto perché anche il restauro del suo monumento nell’omonima piazza è finalmente ripartito, sembra volerci dire: i lavori sono finiti.
Cari Lecchesi, Piazza degli Affari dopo tanto insensato penare torna vostra. Chi (Don Rodrigo?) a lungo si è opposto a questo legittimo ricongiungimento è stato debellato. E quindi qual è il “sugo di tutta la storia”? Che “i guai vengono bensì spesso perché si è dato cagione”, ma non sembra questo il caso, visto che non è stata certo la città a cercarsi l’annoso “garbuglio”. Al massimo, se ne potrebbero criticare qualche punta di indifferenza o qualche eccesso di pazienza. Piuttosto, considerato che la condotta “più cauta e più innocente” non è riuscita a tenerli lontani, senza scomodare la “fiducia in Dio” utile a raddolcirli, basterebbe che i guai in questione, sopportati per tanti anni, fossero resi “utili per una vita migliore”. Ma a prima vista non sembra proprio così.
Uno spazio ritrovato, viene voglia di valorizzarlo al meglio: quei tavolini dell’albergo retrostante sembrano suggerire un bisogno di sosta, di tempo libero goduto affacciandosi a un luogo rasserenante. Piazza Affari non è la piazza circolare di Lucca, ma questo “cerchio” protetto dalle case, vuoto e interamente offerto allo sguardo come è ora, più che a un parcheggio, fa pensare a un luogo aggregante, adatto come già in passato a spettacoli all’aperto (anche se Giove pluvio da noi a volte si diverte a boicottarli), ad allegre bancarelle di mercatini antiquari o a mostre che alla bisogna possano ricoverarsi sotto i moderni portici degli edifici limitrofi.
Nell’immediato la creazione di un pur ridotto numero di posti macchina può anche essere accettata, se non altro come prima risposta a un centro cittadino su cui gravitano attività commerciali e del terziario bisognose di rilancio. Ma uno spazio così invitante, va pensato anche nei tempi lunghi. Strategica com’è la sua posizione, tra lago e centro storico, si auspica che Piazza Affari sia solo una tessera di un più ampio mosaico, che funzioni da propulsore per risanare in tempi non biblici la zona circostante, a partire dai portici appunto e dagli edifici che ora giacciono in stato di abbandono.
Ecco perché, anche all’occhio del profano, desta preoccupazione quella specie di cavea dai muretti debordanti che invade la parte centrale, probabilmente pensata per garantire l’areazione ai futuri (se mai si faranno) garage sottostanti. Difficile però non sentirla come un ostacolo alla piena fruibilità della piazza stessa.
Ma ancor maggiore sconcerto destano le sovrastanti quattro strutture metalliche ricurve che ospiteranno le luci. Così la rinata piazza è come se rinnegasse se stessa e ogni possibile funzione di spazio “teatrale” nel senso più ampio della parola. Il piccolo mare dei nostri sogni in potenza c’è, e lo abbiamo aspettato così a lungo da meritarcelo. Ma quell’ingombrante manufatto al centro sembra proprio una zattera con un albero a vela di troppo. Non pretendevamo che il progettista dei lavori immaginasse Piazza Affari come un teatrino per i piccoli lecchesi che verranno. Ci auguravamo soltanto che, rinunciando per qualche sera estiva all’anno alla più scontata destinazione d’uso, si fosse finalmente trovato il modo per nobilitare uno dei pochi luoghi nella nostra città capaci di ospitare eventi culturali di grande richiamo per un pubblico vasto. Ma il “sugo” della storia, evidentemente, non era questo. Potremo solo guardare macchine parcheggiate e ben illuminate.
© RIPRODUZIONE RISERVATA