dopo le infinite chiacchiere che hanno tenuto banco nei giorni della sosta del campionato per le festività natalizie, centrate soprattutto sull'affare Tevez, sicuramente sopravvalutato, ecco che finalmente, a partite riprese, la faccia pulita e onesta di Totò Di Natale ritorna ad essere protagonista nelle fotografie dei giornali.
Tornato primo nella classifica dei cannonieri con dodici reti – alla pari con un altro “defilato” come l'atalantino Denis e al mago Ibrahimovic – Di Natale incarna un po' l'eccezione nell'Italia di questo periodo, cioè una persona onesta e corretta che ha successo per i suoi meriti personali e anche morali.
L'uomo è quello che rifiutò la Juventus per rimanere a Udine nella tranquillità della provincia, non se l'è mai presa più di tanto per la convocazione o meno in Nazionale, ed è il simbolo di una squadra e di una società dove non conta tanto il singolo campione ma lo spirito di gruppo, con un allenatore come Guidolin, che difficilmente perde il tono e la misura.
In un mondo come quello del calcio, in cui ogni minimo gesto è enfatizzato e moltiplicato dai media, l'understatement di Di Natale e dell'Udinese porta una ventata di aria fresca.
Sergio Parini
Lecco
Caro Parini,
pare che Giulio Cesare abbia detto «meglio esser primo in un villaggio che secondo a Roma», e così per Di Natale Udine è una specie di piccolo regno dove nessuno può togliergli lo scettro di primo della classe. Totò dimostra, infatti, come dietro il professionista – ottimo sotto tutti gli aspetti – l'uomo non sia inferiore al goleador che ogni anno, a dispetto dello scorrere del tempo, non finisce di meravigliare con le sue prodezze, spesso decisive per la sua squadra.
Un calciatore che gli allenatori delle giovanili dovrebbero sempre portare a esempio, per la correttezza in campo e fuori e soprattutto per la giusta valutazione delle cose della vita, non tutte, per fortuna, riconducibili a denaro e potere.
Vittorio Colombo
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