Cronaca / Sondrio e cintura
Venerdì 24 Giugno 2016
Decolla la stagione negli alpeggi di valle
In trecento all’opera per il Bitto Dop
Sono sessanta i pascoli estivi in provincia, con 3500 capi di bovine presenti. Fino a metà settembre le bruno alpine e qualche pezzata contribuiranno a produrre il formaggio.
È tempo di transumanza nei sessanta alpeggi di Valtellina e Valchiavenna. Quasi tutti sono stati caricati o stanno per esserlo proprio in questi giorni di tipica calura estiva, per cui si può dire che 3500 capi di bovine in lattazione si stanno godendo la frescura e il foraggio tenero e nutriente dell’alta quota, compresa fra i 1800 e i 2000 metri.
È qui che fino a metà settembre le bruno alpine e anche qualche pezzata pascoleranno in libertà lungo tutto il territorio in quota, da Livigno a Madesimo, contribuendo con il loro buon latte alla produzione del rinomato Bitto Dop, Denominazione di origine protetta.
Bitto il cui disciplinare detta anche i tempi entro i quali può avere inizio questo tipo di produzione di eccellenza, ovvero dal 1 giugno. Ovvio che quest’anno complice il maltempo dei giorni scorsi gli alpeggi hanno potuto essere caricati con ritardo pur lieve, riferito soprattutto alle zone di pascolo situate alle quote più alte.
In ogni caso l’estate è decollata, per cui gli animali, salvo rare eccezioni, sono stati spostati e si stanno ambientando in alta montagna. In quelle zone verranno munti e il latte lavorato sul posto per essere utilizzato per la produzione del Bitto, che è formaggio a pasta cotta e semidura, frutto della lavorazione del latte vaccino crudo intero effettuata due volte al giorno, alla mattina e alla sera, subito dopo la mungitura. Latte vaccino cui, nel caso specifico, può essere aggiunto anche quello caprino crudo in misura non superiore al 10%.
Formaggio che viene sottoposto a stagionatura per almeno settanta giorni, dopodiché a decorrere dal settantesimo giorno dalla data di produzione, il Consorzio di tutela del formaggio Bitto e Casera incaricato appone sulle forme il contrassegno e il marchio “Bitto Dop” a fuoco, previo controllo effettuato da un apposito organismo di verifica del rispetto di tutte le indicazioni contenute nel disciplinare di produzione.
Vale la pena ricordare che ogni stagione in media vengono prodotte e marchiate quasi 18.500 forme di Bitto Dop, con l’impiego di 2400 tonnellate di latte, prodotto dalla monticazione di oltre 17mila ettari di pascolo utilizzati e mantenuti dagli alpeggiatori valtellinesi e valchiavennaschi a salvaguardia e beneficio dell’intero territorio, a fini di conservazione e a fini turistici.
Al riguardo, ricordiamo anche che si stimano in oltre 300 le persone impegnate per circa quattro mesi in quota nella produzione del Bitto Dop. Anche per il fatto che gli alpeggiatori vengono accompagnati in malga dai familiari che li assistono nella gestione del pascolo, oggetto a sua volta di necessari interventi di manutenzione, nonché nella produzione vera e propria del formaggio, per la quale le regole da seguire sono rigide e vanno rispettate.
Tutto mentre nelle stalle del fondovalle prosegue la produzione dell’altra Denominazione di origine, quella del Valtellina Casera, formaggio più magro che arriva a “fruttare” in media un quantitativo di gran lunga superiore al Bitto e pari a 180mila forme marchiate ogni anno.
Bitto e Casera, del resto, sono produzioni a denominazione che parecchia strada si sono fatte negli ultimi anni negli ambienti della gastronomia italiana e straniera.
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