De Zaiacomo, Ragni: «La tragedia in Valmasino ha colpito tutto il mondo degli arrampicatori»

«La Val di Mello è la “Mecca” dell’arrampicata e le pareti sono state chiodate poco secondo la filosofia dei sassisti degli anni Ottanta» spiega il presidente dei Ragni, Matteo Dezaiacomo

La Val di Mello è la “Mecca” dell’arrampicata, in particolare quella su granito, le pareti sin dagli anni Ottanta sono state lasciate più libere e naturali possibili, pochi chiodi e che, purtroppo, possono essere soggetti agli effetti climatici. E potrebbe essere proprio questo, un problema ad uno degli ancoraggi, ad aver causato il tragico infortunio che mercoledì è costato la vita a tre giovani militari della Guardia di finanza del Comando provinciale di Sondrio, Luca Piani, 32 anni, originario di Tirano ma ora residente a Sondrio; Alessandro Pozzi, 25 anni, residente a Valfurva, e Simone Giacomelli, il più giovane, di 22 anni, che abitava a Valdisotto.

Matteo Dezaiacomo, alpinista 31enne da due mesi nuovo presidente dei Ragni di Lecco, quella zona e quelle pareti le conosce molto bene, anche perché è nato e cresciuto in Valtellina. «L’arrampicata su granito ha avuto influenze americane – spiega – e sin dagli anni Ottanta i sassisti hanno deciso di lasciare le pareti più libere possibili, una filosofia portata avanti e tutelata. La roccia non è un bene rinnovabile, e se viene “bucata” in tutte le direzioni viene rovinata. Questa scelta fatta in Val di Mello, che proprio per questo motivo è considerata la “Mecca” dell’arrampicata, è una scelta di rispetto per la roccia e per questo tipo di arrampicata che ha creato, negli anni, una situazione unica in Italia. Molto diversa dalla maggior parte delle altre aree, dove invece sono tanti gli “spit” presenti, ossia i punti di ancoraggio».

Condizioni molto particolari, difficili da comprendere per chi non è esperto di arrampicata. «Nelle pareti come quella dove, purtroppo, hanno perso la vita i tre giovani finanzieri – prosegue Dezaiacomo per spiegare le condizioni in cui è avvenuto il tragico infortunio – le protezioni sono chiodi semplici, di ferro, soggetti anche alle condizioni climatiche, si creano problematiche meccaniche che possono rivelarsi pericolose».

«Una situazione che sarebbe potuta capitare a qualsiasi altro alpinista altrettanto preparato, una tragica fatalità impossibile da prevedere – afferma -. Ed è successo proprio a loro, alpinisti più che esperti e preparati, anche dal punto di vista dei materiali utilizzati, avevano le migliori tecnologie presenti sul mercato».

«Fa male – conclude Matteo Dezaiacomo – che sia successo a ragazzi così giovani e che avevano deciso di dedicare il loro tempo, il loro lavoro e la loro passione al servizio degli altri. Un lutto che ha colpito la comunità degli arrampicatori, ma non solo. Tutta Italia si sta stringendo attorno alle loro famiglie e alla “famiglia” della Guardia di finanza in un grande e affettuoso abbraccio».

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