Cronaca / Lecco città
Lunedì 10 Dicembre 2018
Dalla lana al feltro, un laboratorio
per ricominciare a vivere
Olate “Penelope”, un esperimento di artigianato sociale
Sei ragazze nigeriane e volontarie al lavoro all’oratorio
Il progetto prende il nome da Penelope, una donna che “tessendo ragiona, trama, racconta”. Le sei donne richiedenti asilo intorno al tavolo del locale messo loro a disposizione nell’oratorio di Olate dalla parrocchia, con l’aiuto della maestra feltraia Grazia Galli, non tessono una tela ma in qualche modo ci si avvicinano perché stanno imparando l’arte della lavorazione del feltro, una tecnica artigianale antica che loro intrecciano con esperienze professionali dei loro paesi di origine. E nello stesso modo dell’eroina della mitologia greca stanno cercando di sottrarsi a un destino segnato.
La lavorazione del feltro quindi diventa strumento di riscatto, di “emancipazione” e anche un modo per imparare un lavoro e tramandarlo ad altre donne giunte a loro volta in Italia con la speranza di trovare un posto accettabile dove poter vivere. Scappando dalla violenza, fame e spesso anche alla tratta . Un modo per sottrarsi a una storia decisa da altri per loro, esattamente come fece Penelope con la sua tela. L’idea di pensare all’integrazione non solo maschile dei migranti, è venuta a Angela Gandolfi, volontaria di lezioni al campo, che dal 2015 si occupa di insegnare la lingua ai migranti che giungono sul territorio. «Ma erano tutti uomini - dice Angela, che ha una somiglianza impressionante e non solo fisica con la compianta e nota sorella Elena - e mi chiedevo: dove sono le donne?» Un po’ alla volta le donne sono emerse dal loro rifugio: ospitate in varie cooperative erano praticamente nascoste, se ne stavano tutto il giorno rintanate ad aspettare che accadesse qualcosa. «Ma queste donne aspettano dal 2016 che la commissione si riunisca per fornire loro i documenti, e sarebbero state per anni in quella condizione».E così dall’incontro di Angela con Maria Caterina Cattaneo che di professione fa la psicoterapeuta, ma ha sempre coltivato il sogno di aprire un laboratorio di artigianato sociale per le donne in difficoltà, nasce l’idea della lavorazione del feltro. «Era da un pezzo che ci pensavo - dice Maria Caterina, - ho conosciuto Grazia Galli, questa straordinaria maestra feltraia una vera artista della lana, e l’ho convinta a partecipare al progetto. E cosi da una costola di lezioni al campo è nato il progetto. Prima in forma sperimentale con cinque lezioni all’interno dell’Arci. In quell’occasione abbiamo realizzato un bellissimo tappeto e abbiamo ottenuto un finanziamento della Fondazione della Provincia per poter proseguire. E poi abbiamo cercato uno spazio nostro, dove poterci, ritrovare, dove poter lasciare il materiale e essere anche identificabili. Questo qui, all’oratorio»
Ora le ragazze di ritrovano ogni martedì e ogni mercoledì dalle 10 alle 16 nel cuore del rione per realizzare questi pezzi unici straordinari in feltro. La lana che viene lavata e insaponata, lavorata a lungo con le mani, alla fine si infeltrisce. Si tesse senza telaio, con l’intreccio, con la fusione. E da questa lunga e complicata lavorazione nascono bellissime pantofole, saponette ricoperte, copricuscini o portapentole. Ma volendo si può realizzare qualsiasi cosa «Il problema ora è il prezzo perché sono lavori lunghi e faticosi - aggiunge Maria Caterina- e il prezzo dovrebbe essere adeguato anche per gratificare le ragazze». Il primo banco di vendita è stato sabato e ieri e poi si continuerà ogni martedì e mercoledì qui a Olate. Il ricavato viene distribuito alle ragazze. «L’idea è quella di offrire un laboratorio permanente che possa offrire sia la componente aggregativa che quella imprenditoriale per tutte le donne in difficoltà, non solo le immigrate - conclude - perché il lavoro è un valore, è identità, e ed è importante che ci sia, per tutti e soprattutto per ogni donna che dopo aver attraversato le tempeste della vita è pronta a ricominciare»
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