Cronaca / Lecco città
Domenica 01 Gennaio 2017
Dal Bione cento gli “scomparsi”
«Ma non ho visto estremisti»
In un anno e mezzo dal centro profughi lecchese sono transitate circa 700 persone
Il centro di prima accoglienza del Bione gestito da Fondazione Progetto Arca con capienza massima di 200 ospiti, da quando è stato aperto (ovvero il 16 agosto 2015) ha visto transitare ben 680 richiedenti asilo. La maggior parte provenienti dall’Africa Subsahariana (ottanta per cento), con un età media dai 20 ai 22 anni, anche se in questi mesi è stato massiccio l’afflusso dal Pakistan.
Le regole
Di questi quasi settecento “ospiti”, il centro del Bione ne ha “persi” perché si sono allontanati volontariamente un centinaio. Il responsabile del centro, Massimo Chiodini, una grandissima esperienza alle spalle, però, non parla di numeri importanti, nonostante il numero di cento faccia impressione: «Va a momenti. Le persone che si sono allontanate e hanno ricevuto la revoca dell’assistenza, dall’inizio della nostra esperienza nel 2015, a oggi non sono in realtà tantissime, anche perché sono liberi di uscire dalle 7 alle 23 e possono stare fuori la notte chiedendo permesso alla Prefettura. A chi non intende tornare, però, o si allontana senza avvertire, viene revocata la misura d’accoglienza. E da “Radio Bione” si sa che sono persone che cercano di andare in altri paesi europei e hanno già un progetto migratorio diverso che poi sviluppano a partire dall’Italia». Chiodini osserva: «Bisogna guardare ai momenti di maggior deflusso: parecchi sono andati via quando avevamo ancora le tende montate e quando la Germania ha riaperto le frontiere. Indicativamente la maggior parte è andata via dall’apertura del 16 agosto 2015 al 21 ottobre 2015. Ora l’esodo si è ridotto a 1-2 persone al massimo al mese».
«Niente teste calde»
Teste calde? Islamisti? Per Chiodini no. «Non da questo punto di vista. Non è una cosa legata alle religioni o ai credo “politici”. C’è sempre chi vuole fare il furbo, ma non abbiamo mai notato ostilità nei confronti nostri o dell’Occidente. D’altronde i nostri profughi non scappano da situazioni di guerra, ma di vita povera, di più o meno totale assenza di un futuro certo. La maggior parte lascia il proprio paese alla ricerca di un futuro più sicuro. Sono ragazzi molto giovani e, al di là di una serie di differenze culturali e linguistiche, ci sono affinità con i nostri ragazzi: la stessa voglia di divertirsi e di affrontare il mondo con la forza dei vent’anni. Su questo non c’è nessuna diversità».
Vanno integrati
Di islamisti, insomma, o potenziali terroristi, per Chiodini nessuno sarebbe passato da Lecco «Almeno non c’è mai stato nessuno che ha fatto proselitismo o che abbia creato problemi. Certo, quando arrivano i primi giorni, ci vuole un po’ di tempo perché capiscano il contesto che lo circonda è diverso rispetto a quello da cui arrivano. Se poi ho meno strumenti per comprendere, sia culturali che linguistici, allora ci si mette un po’ di più a farli ambientare. Noi poi facciamo accoglienza e non integrazione. Per fare questa bisogna riconoscere le differenze per poi poter dare un valore personale alle varie esperienze».
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