
Cronaca / Morbegno e bassa valle
Domenica 12 Luglio 2015
Creval, avviata la trasformazione in società per azioni
Lo dice una nota dell’istituto diffusa venerdì, aggiungendo che il consiglio di amministrazione dell’istituto di piazza Quadrivio ha individuato le modifiche allo statuto previste dalla nuova normativa da adottare prima del passaggio alla Spa.
Il conto alla rovescia è iniziato ed entra sempre più nel vivo il risiko delle banche popolari. Il Cda di Creval ha, infatti, verificato il superamento della soglia degli 8 miliardi di euro dell’attivo consolidato, prevista dalla legge di riforma del settore, e ha quindi avviato il processo di trasformazione in società per azioni.
Lo dice una nota dell’istituto diffusa venerdì, aggiungendo che il consiglio di amministrazione dell’istituto di piazza Quadrivio ha individuato le modifiche allo statuto previste dalla nuova normativa da adottare prima del passaggio alla Spa.
Tra gli interventi statutari che dovranno essere approvati dalla Banca d’Italia, l’aumento a dieci del numero delle deleghe conferibili a ciascun socio in assemblea e l’assegnazione al Cda delle decisioni legate all’eventuale esercizio del diritto di recesso dei soci. Ma veniamo ai tempi tecnici. Secondo i regolamenti della Banca d’Italia sulla riforma delle popolari, dopo la verifica del superamento della soglia dell’attivo, le banche dovranno formalizzare, entro novanta giorni, un piano con le iniziative e tempistiche previste per adeguarsi alla riforma, compresa la convocazione dell’assemblea.
Si aprono dunque nuovi scenari che, a partire dal prossimo autunno, potranno mutare radicalmente gli assetti del mondo creditizio locale. Una riforma, quella delle popolari, di cui si parla da trent’anni e che, in provincia di Sondrio, pone moltissimi interrogativi sulle ripercussioni che avrà una simile trasformazione in termini di investimenti, erogazione del credito, livelli occupazionali, sostegni al mondo del volontariato e della cultura.
L’amministratore delegato del Creval, Miro Fiordi, nel maggio scorso, a margine dell’assemblea dei soci, aveva spiegato come «un’operazione di consolidamento deve essere valutata sulla base del valore che sarà in grado di creare e il valore tangibile è la riduzione dei costi, più che le sinergie sui ricavi. I progetti che creano valore sono quelli che consentono una riduzione dei costi importante».
«Per il Credito Valtellinese è evidente - aveva invece spiegato il presidente Giovanni De Censi - che il mutamento della natura giuridica potrà costituire una sfida molto impegnativa per il proseguimento della mission che ha contraddistinto l’operato in questi 107 anni di vita». Per questo De Censi nei mesi scorsi ha rivolto un invito a tutti i consiglieri e ai dipendenti affinché mantengano «fino a che sarà possibile, la fedeltà all’impegno statutario di prossimità e il supporto alle famiglie e alle attività produttive del territorio». Un messaggio eloquente su un tema che non ha mancato di lasciare il segno anche durante l’assemblea tenutasi al polo fieristico di Morbegno.
Come ha spiegato Fiordi, il vero nodo non è neanche più la natura giuridica della banca, ma il suo peso. «Per poter stare sulla scena globale una banca non può essere sotto gli 8 miliardi di capitalizzazione di mercato - ha illustrato Fiordi - e anche se è una spa, un qualunque fondo internazionale ne può acquisire il 10% pagando 150 milioni di euro, una briciola per la liquidità di quei colossi. Allora, io un’analisi la farei. Anche perché ogni fusione deve passare al vaglio della Bce e in quella sede il territorio non vale». Territorio al quale Fiordi si è appellato più volte, per chiedere che si faccia partecipe delle difficili e cruciali decisioni che dovranno essere prese alla luce delle trasformazioni previste.
L’intervento renderà le popolari «più forti e più efficienti», ha invece detto nel gennaio scorso il ministro Pier Carlo Padoan. Una “rivoluzione” che ha suscitato fin dai primi annunci aspre polemiche politiche, oltre alla preoccupazione degli addetti ai lavori. Tra gli istituti interessati dal provvedimento, va annoverata anche la Banca Popolare di Sondrio, che non ha mai fatto mistero della sua contrarietà, parlando di «decisione dannose», quando sarebbe «bastato cambiare le storture del sistema, non tutto». Il sistema delle popolari conta su una settantina di istituti con 9.248 sportelli e 1,34 milioni di soci. Le banche popolari distribuiscono circa un quarto degli impieghi in Italia e hanno attivi per 450 miliardi. Dieci sono quelle interessate dalle legge di riforma.
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