Chirurgia, due anni di interventi
in lista d’attesa da smaltire

Il punto sulla situazione è stato fatto in occasione della visita all’Asst di Lecco da parte del consigliere regionale del Pd Gian Mario Fragomeli insieme al direttore generale Marco Trivelli ed al primario del dipartimento area chirurgica Piero Poli

Due anni di lista d’attesa da smaltire. È quanto è “rimasto indietro” dal Covid e non solo, in chirurgia. Ovvero in queste settimane si stanno recuperando le operazioni programmabili di fine 2021, in ritardo di due anni. Questo è quanto ha dovuto prendere atto il consigliere regionale del Pd Gian Mario Fragomeli che l’altro giorno è stato in visita all’azienda socio sanitaria territoriale di Lecco insieme al direttore generale Marco Trivelli e al primario del dipartimento area chirurgica Piero Poli.

Fragomeli non parla di “mala sanità” né di situazione frutto di scarsa volontà della direzione ospedaliera di risolvere il problema: «Ho incontrato, invece – spiega il consigliere “dem” – grande volontà di arrivare al recupero delle operazioni programmabili, ovvero di quelle operazioni che sono fuori dallo spettro dell’urgenza o dell’oncologia. Ho appreso, infatti, che tutte le operazioni urgenti a Lecco vengono eseguite subito. Come pure quelle oncologiche anche se non richiedono interventi immediati: entro trenta giorni anch’esse vengono in ogni caso eseguite. Però tutte le altre hanno tempi di attesa molto lunghi». Stiamo parlando di operazioni in classe P, programma bili: dalle banali ernie, alle operazioni di rimozione dei calcoli, o alla prostata (benigna, naturalmente, perché quella maligna viene operata subito, n.d.r.), allorchè non rischino di degenerare in malattie più gravi. Senza parlare di operazioni anche più semplici o, di contro, complicate, ma che, non rivestendo carattere d’urgenza, vengono rimandate praticamente “sine die”.

«Ripeto – precisa Fragomeli – non stiamo parlando di cattiva volontà, inefficienza o scarsa organizzazione. Purtroppo per la carenza di personale, infermieristico e non solo, le sale operatorie non possono viaggiare a pieno regime e questo non permette di smaltire l’arretrato in tempi dignitosi. Soprattutto in estate quando vengono ridotti i posti letto e le disponibilità di personale per concedergli le sacrosante ferie». Altro discorso, invece, è per il dipartimento Area Medica che il consigliere del Pd ha visitato insieme al responsabile dell’area medica Marco Soncini.

«Abbiamo una medicina che è tornata finalmente ai livelli di presa in carico pre-Covid con un alto numero di pazienti seguiti e un alto ricambio tra ricoveri e dimissioni “protette”. Per fortuna nel lecchese chi viene dimesso può contare su una presa in carico anche domiciliare o comunque esterna all’ospedale di buon livello. Ci deve essere però un maggior collegamento tra il reparto di medicina e la medicina territoriale per evitare che le persone occupino inutilmente letti della Medicina. Le acuzie possono essere prevenute se la medicina territoriale in sinergia con l’ospedale, riesce a intercettare le patologie prima che diventino gravi». È il concetto, certo non sbagliato, delle Case della Comunità, che però soffre anch’essa di carenze di personale e di mezzi. Funzionassero a pieno regime, molti pazienti, soprattutto anziani e cronici (fragili), potrebbero trovare risposte immediate al di fuori del “Manzoni” e alleggerire così il lavoro dell’Asst nelle sue strutture dedicate alle acuzie più gravi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA