il persistere dell'inversione termica, oltre a rendere l'aria piena di polveri sottili e altre scorie a maleficio dei nostri polmoni, porta però, il mattino presto e dopo il tramonto, a una sorta di sospensione temporale, dovuta alla coltre nebbiosa che tutto ricopre e pacifica.
È bello camminare nel silenzio ovattato con la sensazione che ogni cosa sia più lontana e quasi “da conquistare” con circospezione e rispetto. Questo nostro clima impazzito ci regala una coda di “romanticismo”, con i laghi incappucciati da nuvole di vapore da cui spuntano i profili delle montagne e le sagome degli uccelli irrigidite dal freddo.
Un universo surreale che ci allontana per qualche attimo dalla frenesia del vivere di oggi, dandoci l'illusione che il tempo scorra più lentamente assecondando maggiormente il ritmo vitale dell'essere umano.
Si vive quasi come in un sogno, che il sole spezza a metà mattino, ricordandoci, ohimé, i nostri doveri quotidiani.
Rosa Sarti
Lecco
Gentile Rosa,
il dialetto, sempre colorito e preciso nel definire cose, luoghi e situazioni, ha per la nebbia, anzi il “nebbione” che una volta stazionava per giorni sulle nostre città, il termine di “scighèra”, nel vocabolario milanese-italiano di Francesco Cherubini, vera “bibbia” del dialetto, associato anche all'alone luminoso che si vede intorno alla luna.
Ma “scighèra” deriva da “scigàa”, che vuol dire accecato, e quindi rende a meraviglia la sensazione di debolezza visiva che ci coglie in mezzo alla nebbia.
Il poeta inglese Wystan Hugh Auden ha perfino dedicato un'ode alla nebbia, «acerrima nemica della fretta,/ spauracchio di aerei e guidatori». Un fenomeno amico, che regala momenti di serenità: «la terra è un brutto posto, /eppure, per quest'attimo speciale/ così tranquillo ma così festoso, /ti rendo Grazie: Grazie, Grazie, Nebbia».
Vittorio Colombo
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