siamo assai preoccupati per ciò che potrebbe succedere nei prossimi giorni, e cioè la spaccatura nel Paese tra "celentanisti e anti-celentanisti", problema che si annuncia ben più spinoso e di difficile soluzione della vertenza di tassisti e camionisti, per non parlare di Schettino sulla Concordia.
Il telepredicatore nazionale parla per bocca della moglie Claudia Mori, che in passato lo bacchettò in "Chi non lavora non fa l'amore", ma stavolta combatte a suon di blog una crociata per la libertà di pensiero e di parola del "molleggiato", che mamma Rai, ormai diventata matrigna con l'avvento al vertice di Lorenza Lei, minaccia di censurare al prossimo Festival di Sanremo.
«Vogliamo la stessa libertà garantita a Roberto Benigni», tuona la Claudia in video e in voce, cioè di non intervallare la "predica" celentanesca dell'Ariston a malaugurati spot pubblicitari, facendo ritornare in mente la campagna anti interruzione dei film in tv e l'indimenticabile slogan «non si interrompe un'emozione».
Il verbo di Adriano, insomma, andrebbe tutelato come il picchio delle Galapagos, garante l'amico Gianni Morandi, primo sostenitore della presenza di Celentano a Sanremo. Ma l'avvento del governo Monti non dovrebbe contagiare con la sua sobrietà anche gli artisti dello spettacolo?
Marco Brambilla
Caro Brambilla,
un vecchio trucco del mondo dello spettacolo, poco "sobrio" per natura, è proprio quello di diluire l'evento all'infinito, con il creare attesa, dibattito, perfino scontro tra le parti, per accendere l'attenzione di pubblico, opinionisti, amici e rivali del personaggio al centro della tenzone. Celentano, un grande artista che amiamo, è un istrione come Grillo o Benigni, capace di mobilitare l'opinione pubblica. Ma alla fine rappresenta, con le sue "tele prediche" come le chiama lei, la parte più nobile dell'uomo qualunque, soltanto con un megafono più ampio di quello di un tavolino di caffè o del salotto di casa.
Vittorio Colombo
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