Manzoni! Chi era costui? Proviamo a partire con una provocazione, quasi blasfema nella “Città dei Promessi sposi” e in controtendenza con l’enorme sforzo messo in campo anche quest’anno per dare lustro alla maggiore gloria letteraria che Lecco possa vantare. Eppure il pericolo incombente in un futuro non molto lontano è che, come per il Carneade di Don Abbondio, il potenziale turista in cerca di mete, il neostakanovista del binomio città-cultura orientato dal tripadvisor di turno, finisca per concludere: “questo nome mi par bene d’averlo letto o sentito; doveva essere un uomo di studio, un letteratone del tempo antico”.
Di chi la colpa? Secondo un luogo comune al limite dell’insopportabile, della scuola, a cui non va il merito oggettivo di aver fatto conoscere il romanzo e di garantirne la trasmissione generazionale, ma l’onta infamante di averlo fatto odiare. Per fortuna, altro luogo comune forse ancor più irritante del primo, tutti ma proprio tutti, come tanti “San Paolo sulla via di Damasco”, lo hanno riletto da adulti, con passione ovviamente.
Non bastasse la scuola, ad affossare il nostro Don Lisander, secondo un altro scontato pregiudizio, è la sua patina di classicità che lo relega nel passato, tanto come personaggio, quanto come scrittore. La soluzione? Rivestirlo alla moda per renderlo più gradevole e accetto, soprattutto al pubblico giovane. Un paio di jeans o una versione social bastano a rinverdire un mito, a ridargli ossigeno? Se nel celebre dipinto di Hayez, oltre all’abbigliamento, sostituissimo la prediletta tabacchiera con un iphone, Alessandro diventato Alex ci convincerebbe di più? È una strada che si può seguire, quasi uno sberleffo dadaista, una Gioconda coi baffi, che nel momento in cui desacralizza un’icona finisce per rivitalizzarla e fissarla con tratti ancor più marcati. Ma ci vuole intelligenza e misura per non scadere nella banalizzazione.
Lo stesso vale per il romanzo e i tentativi di attualizzazione, dalla riscrittura semplificata alla traduzione visiva, dalla versione cine-televisiva alla rivisitazione nella forma del fumetto o della graphic novel. Se lo scopo è quello di ricondurre il fruitore all’originale e alla sua potenza anche espressiva, l’operazione ha un senso. Se l’obiettivo è invece la pura sostituzione del presunto “vecchio” con un “presuntuoso” nuovo, meglio forse lasciare Renzo e Lucia nell’Ottocento, se non addirittura nel Seicento, protetti dalla forza creativa di chi ha saputo immaginarli.
Ma forse il vero problema irrisolto, anche per noi lecchesi, è capire non chi è Manzoni, ma chi è Manzoni oggi e quanto dell’Italia e degli Italiani in termini di identità sia ancora presente nei Promessi sposi. Un Convegno di Studi Manzoniani per il 2017, incentrato su questo tema e aperto ben oltre il mondo accademico, potrebbe darci una risposta e, nella linea percorsa con originalità e coerenza già in questo 2016, rivalorizzare quanto rischia di essere soltanto celebrato. Uno sguardo nuovo su Manzoni, ma di riflesso anche sulla nostra città.
© RIPRODUZIONE RISERVATA