Asst Lecco, parla Trivelli: «Sessanta nuovi infermieri entro fine anno»

Sessanta nuovi infermieri in servizio entro fine 2024. È più che un obiettivo e meno di un sogno. È quello che dovrebbe avvenire all’Asst di Lecco. Forse è presto per dire che l’emorragia di personale sanitario si è fermata. Ma il direttore generale di Asst Lecco Marco Trivelli di sicuro sta facendo tutto quello che può per “clampare” l’arteria prima che il paziente, l’ospedale, muoia dissanguato. E la linfa dell’ospedale, si sa, è il suo personale.

La ricerca della Uil Fpl del Lario è impietosa. Nel 2022 se ne sono andati in 347 solo tra infermieri, Oss, Asa e personale di laboratorio. E il gap tra oggi e vent’anni fa, è notevole, in quanto a disponibilità di personale.

Ma, forse, gli ultimi concorsi consentiranno di arrestare la fuga: «Abbiamo fatto un concorso a febbraio con 60 partecipanti per 30 assunzioni. E ora ne abbiamo fatto uno, che ha superato la fase dello scritto, con 85 partecipanti. L’adesione sembra in crescita. Per cui aspettiamo una settimana per gli orali e vediamo quanti passeranno l’esame. Spero che il 70 per cento venga assunto. E in autunno faremo un altro concorso. Insomma, realisticamente 50-60 nuovi infermieri potranno entrare in Asst entro la fine dell’anno. Quest’anno, se tutto va bene, non avremo un saldo negativo tra uscenti ed entranti».

Trivelli però non si nasconde dietro un dito. Sa che il problema c’è ed è grave: «Francamente è imbarazzante, di fronte a un trend così di fondo, commentare. La mancanza degli infermieri è diventata ormai come il cambiamento climatico: lo sanno tutti che è in atto. Il problema c’è, è innegabile, ed è di fondo, non temporaneo e non riguarda solo Como e Lecco. Il fenomeno del trasferimento di personale in Svizzera si avverte di più a Como e Varese. Ma il turn-over delle dimissioni che sono numerose per età, è difficile da coprire».

È un problema di fondo legato alla natalità, per il diggì di Asst Lecco. «Ora sta andando in pensione la classe 1964-65, ovvero un milione di nati per ogni annata, ed entrano i “ragazzi del 2002”: erano solo 500mila. È questo il nostro problema vero, non le cessazioni». Insomma, per Trivelli gli infermieri che cessano, ovvero se ne vanno, per altri motivi che non sono il pensionamento, non sono un vero problema: «Come vanno via, ne vengono altri, per il fenomeno delle “sliding doors”, delle porte girevoli. È un fenomeno di mobilità noto: su 120 uscite interessa 30-40 lavoratori. Ma gli altri 80 sono pensionamenti. Il 60 per cento della nostra mancanza di personale è causata dai pensionamenti. Poi, certo, c’è chi se ne va perché non ce la fa più: prima se ne andavano solo per fattori famigliari, ora anche per una componente di insoddisfazione diffusa. Vedo molti lavoratori inquieti, che cercano altre occasioni, percorsi di formazione specifici, soprattutto nel campo dei medici. Fanno due anni di qui per imparare una cosa, poi due anni di là, per apprenderne un’altra. Così si sentono pronti per il primariato. Ma non funziona così». Il sindacato lamenta l’assenza di un welfare “cittadino” che attiri infermieri da fuori: affitti troppo alti, costo della vita molto caro. «Perché a Brescia, Como, Varese è diverso? – obietta Trivelli – se venite ad abitare da me a Inverigo, magari trovate affitti migliori. Ma nessuna delle Asst offre affitti agevolati. Solo alcune. Sondalo che mette dieci locali a disposizione di giovani infermieri. Ma neanche a Sondrio però, ma a Sondalo. Anche la Valcamonica ha fatto un accordo con la comunità montana, per il prossimo autunno, per affitti agevolati ai neo assunti dell’azienda della Valcamonica. A Lecco il fenomeno dei B&B c’è. Eppure non è un fenomeno che condiziona davvero le assunzioni».

Trivelli sta pensando comunque a rendere più attrattiva l’Asst Lecco: «Ci stiamo pensando, è vero. Certo, se potessi dire che lavorando da noi faresti un solo week end al mese al lavoro, sarebbe attrattivo. Ma peccato che non lo proponga nessuno in Italia. Come non c’è un concorso pubblico con offerte di alloggio. Sono solo pensieri. Per cui bisogna scendere nel concreto. Il problema è la mancanza di giovani e il fatto che ci sia un’organizzazione del lavoro che è un po’ demoralizzante per chi lavora. Le facce degli infermieri 50enni non attirano i 40enni e così a cascata. C’è demoralizzazione, stanchezza che porta a non attirare giovani. Stiamo pensando a come invertire il trend, ma non sarà facile».

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