Associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale: quattro pesanti condanne

Secondo l’accusa dal 2009 al marzo del 2017 gli imputati avevano costituito una serie di società cooperative che si occupavano soprattutto di pulizie e facchinaggio, tutte con sede operativa a Cosio Valtellino ma in realtà collegate ad una società romana, utilizzate per frodare il fisco

Associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale: questa la pesante accusa costata un’altrettanto pesante condanna nei confronti di quattro dei sei imputati nel processo che si è chiuso giovedì in tribunale a Sondrio dopo alcuni anni di udienze.

Secondo l’accusa dal 2009 al marzo del 2017 gli imputati avevano costituito una serie di società cooperative che si occupavano soprattutto di pulizie e facchinaggio, tutte con sede operativa a Cosio Valtellino ma in realtà collegate ad una società romana, e che erano a tutti gli effetti destinate ad essere gli strumenti per frodare il fisco. Ne costituivano una, poi dichiaravano falsi crediti di imposta che venivano usati per indebite compensazioni negli anni successivi, mediamente 500mila euro annui, quindi, dopo uno o due anni di attività, la chiudevano e ne riaprivano un’altra con la stessa sede e gli stessi amministratori.

A capo del sodalizio criminale c’era Fabrizia Terenzini, 67enne di Parma con residenza in Svizzera, che è stata condannata a 4 anni, 11 mesi e 5 giorni di reclusione, la pena più alta. Il suo braccio destro era Paola Napoli, siciliana di 50 anni, condannata a 3 anni di reclusione; insieme a lei il marito, Francesco Rapisardi, anche lui della provincia di Trapani, 56 anni, che invece è stato assolto dalle accuse per le quali non era ancora intervenuta la prescrizione. Alla sbarra, poi, i due rappresentanti legali delle varie coop che via via si sono succedute, padre e figlio, Antonio e Denis Genovesi, entrambi di Parma, 79 anni il primo e 56 il secondo: nei loro confronti il collegio giudicante ha disposto una condanna meno pesante, rispettivamente 2 anni, 3 mesi e 10 giorni di reclusione, e 2 anni, 7 mesi e 10 giorni di reclusione. Infine, a processo anche una ragioniera di Reggio Emilia, Elena Fabbi, 55 anni: anche lei, come Rapisardi, è stata assolta per alcuni capi di imputazione e non processata, per intervenuta prescrizione, per altri.

Difficile ricostruire l’attività portata avanti per otto anni dal sodalizio criminale, che in tutto aveva costituito ben 7 cooperative con la medesima sede operativa in Valtellina. Sostanzialmente, per evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicavano nelle dichiarazioni annuali riguardanti le società elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo ed elementi passivi fittizi. In questo modo riuscivano a non versare le somme dovute allo Stato poiché utilizzavano in compensazione crediti d’imposta inesistenti per il pagamento dei tributi, delle imposte e delle sanzioni dovute.

Le condanne decise dai giudici Valentina Rattazzo (presidente), Francesca Palladini e Giulia Estorelli (a latere), sono state più pesanti di quelle richieste dal Pubblico ministero. Per i fatti a loro contestati che risalgono a prima dell’ottobre del 2013 è intervenuta la prescrizione.

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