Cara Provincia,
con Berlusconi condannato e ritirato dalla politica, è difficile immaginare una ricomposizione del centrodestra. L'Italia rischia, per l'ennesima volta, di non avere una rappresentazione di riferimento per il suo elettorato maggioritario, che rimane quello moderato. I riformisti di sinistra non riusciranno ad occupare questo spazio, e allora che Paese ci ritroveremo nella primavera ventura, dopo il voto?
Corrado Marchi
Berlusconi si è ritirato, ma non diserterà la partita politica, che si può giocare anche dalla tribuna. E' quello che succederà, a cominciare dalla composizione delle liste per il prossimo turno elettorale. E naturalmente dalla leadership. Berlusconi dichiara che non condizionerà le primarie, ma in tanti gli chiederanno di condizionarle, e lui alla fine acconsentirà. Né è immaginabile che, a risultato conseguito, séguiti a tenersi da parte, non è davvero il tipo: infuenzerà ancora le sorti del Pdl, o di quel che vi sopravviverà, e dell'alleanza di centrodestra. Che alleanza sarà? Verosimilmente ancora con la Lega, perché è interesse reciproco stipulare l'accordo. E se andrà così, le primarie saranno di coalizione, non di partito. Il problema sono gli aspiranti candidati al premierato. La Lega giocherà la carta Maroni, il Pdl può giocarne tante, nessuna però particolarmente affidabile.
Il successore di Berlusconi dovrebbe essere, secondo logica, il segretario Alfano, ma Berlusconi per primo lo ha derubricato a segretario meno che riservista. Per di più, se le elezioni siciliane dovessero sancire una disfatta, per il siciliano Alfano le speranze d'imposi (forse anche e semplicemente di correre) si ridurrebbero a zero. Non è neppure da escludersi, in un caso del genere, la scissione del partito. Con un conseguente "liberi tutti" agli ex elettori.
Al centro (e alla sinistra del centro) sperano d'arruolarli alle loro idee, ma il guaio è che sono idee così numerose e confuse da rendere desistibile l'arruolamento. Ecco perché il fenomeno astensionista crescerà.
Max Lodi
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