Cronaca / Tirano e Alta valle
Martedì 31 Dicembre 2013
«Al Morelli sono nato
la seconda volta»
Mirco Levorin è approdato a Sondalo 15 anni dopo un incidente che lo ha paralizzato dal collo in giù - La sua esperienza nel reparto di Unità Spinale, gli insperati progressi sono diventati libro. Scritto da lui
Un libro che racconta quanto sia stato positivo, se non fondamentale il lungo ricovero nel reparto di unità spinale dell’ospedale Morelli di Sondalo.
Un libro che potrebbe essere utilizzato benissimo come uno spot per l’Azienda ospedaliera locale visto che ne fornisce una testimonianza entusiastica dell’efficienza. “La mia vita in due tempi” è la storia di Mirco Levorin, operaio padovano del 1975, che a 21 anni è rimasto paralizzato dal collo in giù in seguito a un incidente stradale e nel 2011 è stato ospite del Morelli per sei mesi.
Sei mesi che gli hanno cambiato la vita. Qui è iniziata quella che lui definisce nel capitolo del libro “La rinascita” grazie al personale del reparto e al contributo dei volontari ospedalieri dell’Avo di Sondalo. Grazie ad una fatina bionda dagli occhi chiari, Doriana Natta di Baruffini, frazione di Tirano, Mirco ha raccontato la sua esperienza, ma non solo, la sua intera vita.
Un ragazzo di una famiglia semplice, il più piccolo di tre fratelli. Una vita normale fino a quella drammatica sera al rientro dalla discoteca con gli amici. Levorin è passeggero, l’auto sbanda e finisce fuori strada e inizia per lui una vita nuova, fatta di grande sofferenza, fino a quando trova uno spiraglio di luce. Il 18 maggio del 2011 entra al terzo piano del quinto padiglione del Morelli.
Ci arriva 15 anni dopo l’incidente che l’ha costretto a restare a letto a non poter muovere nessun muscolo, infermo al 100%. Ma sono le sue parole a raccontare le emozioni a Sondalo: «La cosa che mi impressionò maggiormente fu ciò che mi disse il medico “allora sei qui e ci dobbiamo alzare da questo letto”. Il modo in cui pronunciò queste parole mi diede una forza incredibile e gli risposi che ero lì per quel motivo. Sembrava di essere in una grande famiglia, tutti pronti ad aiutarti, a farti sentire a proprio agio».
Quel panorama mozzafiato e quell’aria miracolosa che aveva ridato la salute a migliaia di malati ai tempi del sanatorio vengono scoperti da Mirco che dopo l’incidente aveva diviso la sua esistenza fra tanti ospedali veneti e una casa su misura per lui, nella quale aveva potuto trascorrere in realtà pochissimo tempo, visto che continui guai di salute lo costringevano a frequenti ricoveri. Ed ecco come il veneto di 38 anni vede lo scenario dal Morelli:. «Ero al quinto piano , con terrazzo, così al pomeriggio mi facevo portare fuori per respirare aria pura : dopo quasi undici anni rinchiuso uscivo ed era già un altro piccolo passo».
Una sorta di autentica resurrezione per l’umore di Mirco duramente provato dalla malattia, dalla successiva morte della mamma e da uno stato di depressione che l’aveva portato ad isolarsi.
Al Morelli inizia fortunatamente il secondo tempo della sua vita: «Restai attonito nel vedere il mitico dottor Pedrini che mi scarrozzava con la barella su e giù per i padiglioni, mai avevo visto un gesto simile. Ero abituato a vedere dottori impartire ordini, mi resi conto in un paio di giorni dell’umiltà di tutto il personale».
E pensare che all’arrivo alla sbarra della portineria dell’ospedale di Sondalo pensò di essere finito in una prigione un po’ come accadde ai profughi albanesi ospitati qui. Intanto Mirco conosce i volontari ospedalieri dell’Avo del presidente Marino Pozzi ed entra in contatto con Doriana che lo spronerà a realizzare il libro. Mirco lo scrive muovendo un mouse con la testa, Doriana corregge. Ma questa è la fine, invece dopo un mese di ricovero al Morelli, Mirco viene messo su una speciale carrozzina preparata per lui dal fisioterapista Spagnolin. L’inizio della seconda vita.
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