A chi si torturava l’altra sera tra agenzie di stampa e talk show politici mancava solo di apprendere che Zoff aveva segnato di testa su calcio d’ango, come capitava a Fantozzi. E anche ieri si è detto tutto e il contrario di tutto: governo tecnico Cottarelli senza maggioranza o con una parte di maggioranza. No, Giorgetti premier, anzi Conte, o Salvini che però vuole andare a votare ma non a luglio. Savona sì, Savona no, Savona forse, Savona spostato, governo politico. L’incredibile Di Maio è riuscito a virare nel giro di poche all’ore dalla richiesta di impeachment al bacio della pantofola di Mattarella. E così via. Persino i mercati di fronte a questa grande confusione sotto il cielo politico d’Italia hanno concesso un giorno di tregua e fermato il bombardamento.
Caos totale, figlio dell’inadeguatezza, della superficialità e scusate, dell’ignoranza greve dei politici protagonisti di questo orrendo minuetto sulla nostra pelle e sul nostro portafoglio. Pure quelli del Pd non possono cavarsela a interpretare il ruolo degli ignavi pieni di bitorzoli elettorali. Nel vuoto della politica, ogni iniziativa assume un valore e pazienza se non va a beneficio della propria bottega.
E comunque, nonostante la densa cortina di fumo alzata più o meno ad arte, la situazione è abbastanza chiara. Quello che dà le carte è sempre Matteo Salvini che di fare un governo con i 5Stelle non hai avuto la minima intenzione, checché ne dica. E te credo. Aveva ben capito che con quel contratto zeppo di sogni, illusioni e velleità avrebbe rischiato di far ballare il sirtaki greco anche all’Italia. Di Maio invece sì che ci credeva. E questo la dice lunga. Ma ci è caduto con tutte le scarpe dopo essere scivolato sulla buccia di banana di Savona lasciata distrattamente cadere da Mattarella.
Vi siete chiesti perché la Lega si è ben guardata dall’associarsi alla grottesca richiesta di messa in stato d’accusa del capo dello Stato? Se no fatevi la domanda e datevi la risposta. Il presidente della Repubblica è stato costretto, per le sue prerogative costituzionali e anche (perché no) dall’opportunità politica, a giocare di sponda con Salvini per evitare di consegnare al paese un governo avventurista e anti europeista. Qualcosa che, al di là di come la pensi uno a cui questa Europa che non appare come quella terra promessa ai tempi di Maastricht sta giustamente sulle scatole, non ci possiamo permettere. Purtroppo, anche se è abnorme questa affermazione se si pensa al concetto sacrale di democrazia, gli italiani che si sono recati alle urne con l’auspicio di un governo Lega-5Stelle hanno fatto il passo più lungo della gamba. O del debito pubblico se preferite. Che poi fosse davvero questa la volontà popolare è tutto da dimostrare. Perché gran parte della squadra in maglia verde approdata a Roma ci è arrivata anche con i voti di Forza Italia e FdI. Che certo, almeno i primi, non auspicavano un matrimonio con i pentastellati acerrimini nemici di Berlusconi.
Ma questo ormai fa parte del passato. Ora si tratta con i mitra dei mercati e dello spread puntati alla schiena. E se la strategia di Salvini si confermerà vincente torneremo alle urne, ma non in quelle allestite nelle cabine delle spiagge. Di Maio sta cercando di contrastare l’alleato avversario con la riproposizione del governo giallo verde non si sa guidato da chi. Vedremo se e come riuscirà il leghista a svincolarsi e soprattutto, nel caso in cui ciò che non era pensabile domenica possa esserlo il giovedì, come si farà a farlo digerire a mercati e finanza. Altrimenti, nell’attesa del voto autunnale e a determinate condizioni, potrebbe andare bene Cottarelli e il suo governo accademico. A patto che non combini sconquassi e si prenda la patata bollente del Def. E chissà che non si riesca magari a dare un ritocco alla legge elettorale. Certo al ballo di Salvini molti convitati rischiano solo di farsi pestare i piedi, anche se magari sono convinti del contrario. A partire da Berlusconi che potrà ricandidarsi e vede la cosa come un balsamo rigenerante per Forza Italia. Per continuare con Renzi che ha annunciato una vita da mediano (ma pensava sicuramente a Oriali che vince i mondiali) di un Pd forse costretto a schierare Gentiloni di punta. Altro che il ritorno di Balotelli in nazionali. E Di Maio? Ciao Giggino, mandace una cartolina. Perché dietro l’angolo c’è la Dibba. Ma la cosa più spassosa di tutte è che l’eventuale governo balneare di Cottarelli potrebbe riproporre la polverosa formula della “non sfiducia” utilizzata per uno dei sette esecutivi presieduti da Giulio Andreotti nella Prima Repubblica. Vero che anche all’epoca, come fa dire Giovanni Guareschi al suo don Camillo in politica a volte bisognava complicare le cose per renderle più semplici. Però non c’era lo spread.
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