
Cronaca / Tirano e Alta valle
Lunedì 02 Marzo 2015
«Abitare in quota è sostenibile»: San Rocco ci prova
Il territorio è al confine fra Villa di Tirano e Tirano. Si cercano famiglie pronte la lasciare la città. Il viticoltore Gianluigi Rumo farà il primo passo. Un team di esperti è al lavoro, ma servono aiuti.
A 900 metri d’altezza, in un territorio di confine fra Villa di Tirano e Tirano c’è una frazione chiamata San Rocco, il cui borgo è stato abitato fino agli anni Sessanta da un centinaio di persone. Oggi c’è qualche seconda casa estiva di proprietà di villaschi, mentre i terreni (che insistono nel Comune di Tirano) sono diventati boschi o prati incolti.
Questo territorio e questo paesino diventano oggi oggetto di un progetto pilota che prevede la creazione di una comunità famigliare che viva tutto l’anno lì e, soprattutto, viva della terra che coltiva, circa 50 ettari. Una comunità, formata inizialmente da quattro o cinque famiglie, che recuperi il terreno, ma che soprattutto viva insieme come illustri esperienze (la comunità di Villapizzone a Milano di Bruno Volpi) insegnano.
Nella società complessa, la famiglia tradizionale va spesso in crisi e fatica a trovare sostegni adeguati alla propria crescita e sopravvivenza. A fronte di questa crisi, negli ultimi anni si sono sviluppate numerose esperienze di comunità di vita tra famiglie.
A questo punta il gruppo di lavoro formato dal viticoltore di Villa Gianluigi Rumo, da Andrea Borrella antropologo, dagli architetti Giuseppe e Andrea Galimberti, da Federica Gironi biologa e dallo storico Diego Zoia di recente entrato nel team e che fornirà la documentazione su San Rocco e sulla coltivazione della segale.
«L’obiettivo del progetto non è soltanto quello di recuperare il territorio, quanto quello di fondare una comunità – spiega Rumo -. Partendo dalla parte agricola, in aprile si inizierà a piantare un ettaro di mais di varietà autoctono valtellinese e poi a seguire piante officinali su quattro ettari, grano saraceno, segale, patate e vigne naturalmente. Ho ordinato due cavalli a tiro pesante francesi visto che l’intenzione è quella di lavorare la terra con la trazione animale. Si tratta di animali selezionati e addestrati per andare lenti. Per la primavera, inoltre, ho ordinato 30 capi di bovini scozzesi che sono ideali per far tornare in coltura il terreno abbandonato da anni, perché non si nutrono solo di erba e fieno, ma anche di sterpaglie e in inverno possono stare fuori tranquillamente, senza aver bisogno di una stalla. Una parte dei terreni va solo arata e un’altra andrà resa nuovamente coltivabile. Dunque ci sarà anche un allevamento di bovini ed un piccolo allevamento di galline ovaiole».
La parte certamente più impegnativa è quella di trovare famiglie disposte a “lasciare tutto” per tornare a vivere in un paesino di montagna. «In realtà non è così difficile – dice Rumo -, perché ci sono persone che cercano un’esperienza di vita diversa per convinzione o perché insoddisfatti di quello che il mondo moderno offre. È una scelta di vita. Alcune famiglie interessate ci sono, andranno selezionate».
Altro step sarà quello di ristrutturare i rustici presenti a San Rocco dove le famiglie andranno ad abitare; si parla di due rustici e un rudere. E anche in questo caso l’intervento di ristrutturazione sarà all’insegna della sostenibilità visto che per l’isolamento delle case Rumo ipotizza di utilizzare la lana delle pecore che verranno allevate. L’équipe di lavoro ha intenzione di presentare il progetto alla Regione Lombardia o alla Comunità Europea, «perché – afferma ancora Rumo – rientra nelle politiche agricole ed economiche per fermare l’abbandono della montagna. Per i primi tre anni, mentre il terreno sarà nuovamente portato in coltura, le famiglie non avranno reddito e, dunque, ci vorrà un sostegno per concretizzare questo progetto pilota».
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