Eravamo al posto numero 45 nel 2013, siamo scesi al numero 55, torniamo quarantacinquesimi nel 2015. Lecco è risalita nella stima del Sole 24ore sulla qualità della vita. Ma nel totale delle province italiane, quest’anno salite da 107 a 110, rimane pur sempre a mezza classifica, lontanissima dal primo posto di Bolzano, ampiamente staccata da Monza e Brianza al ventesimo posto e ancor più da Como, felicemente quindicesima. Che cosa ci manca per essere una città più vivibile, come invece ci immaginano spesso i milanesi, nel 2015 addirittura medaglia d’argento nella prestigiosa classifica?
Non è del “Tenore di vita” che possiamo lamentarci, visto che siamo undicesimi con un apprezzabile quinto posto per l’importo medio delle pensioni e un altrettanto invidiabile nono posto relativo alla spesa per turismo all’estero (viaggiare ci piace e possiamo permettercelo!), per non dire di consumo e patrimonio familiare che ci vedono in situazione privilegiata (25 e 26). Solo il costo casa al metro quadro ci spinge verso il basso (72).
Le note si fanno più dolenti con “Affari e Lavoro” (51): dopo l’unico dato confortante sul tasso di occupazione che ci vede sedicesimi, non sappiamo se come isola davvero felice o se invece come convalescenti in un contesto di malati, precipitiamo per la carenza di imprenditoria giovanile (91) e tocchiamo il fondo per imprese registrate ogni 100 abitanti (104). Non meglio ci va con l’Ordine pubblico (58): non troppe estorsioni (34) o scippi (37), si sale con truffe (42) o rapine (48), ma il dato che ci castiga è quello dei furti in casa (97).
Ci riscattiamo fino alla vetta di un nono posto per la voce “Servizi e Ambiente”, con una incredibile medaglia di bronzo, pensiamo ignota a gran parte dei lecchesi, per la “copertura banda ultra-larga”. Ma va alla grande anche la sanità (5), che si riferisce però all’emigrazione ospedaliera (medici e ospedali dei paesi tuoi, potrebbe suonare il nuovo proverbio lecchese), e l’indice Legambiente (14). Curioso però che l’indice climatico risulti in controtendenza (71) e che tra clima e disponibilità di asili rispetto alla potenziale utenza ci sia uno sconfortante pareggio (71).
Solo un attimo per gioire e subito si ripiomba nei bassifondi con la voce “Popolazione” (89), alla cui negatività non contribuiscono tanto i divorzi o le separazioni (25), che ci vedono anzi abbastanza fedeli, e neppure la speranza media di vita (31), che ci garantisce un buon posto nella già alta media italiana rispetto all’Europa, e nemmeno (incredibile!) l’indice di vecchiaia Istat, ma il tasso migratorio (93) e la densità di abitanti per kmq (100): a Lecco e provincia siamo troppi e soprattutto stiamo stretti, quasi gli uni addosso agli altri.
Ma non c’è fine al peggio, se ci spostiamo alla voce “Tempo libero” (81). Qui però qualche dubbio viene, non sulla serietà della fonte statistica, ma sui dati di riferimento. A salvarci da un piazzamento infamante, sicuramente garantito visto che siamo centesimi per numero di ristoranti e bar per 100.000 abitanti e addirittura centodecimi su centodieci, cioè ultimi per librerie, è il numero delle sale cinematografiche sempre ogni 100.000 abitanti, risultato che ci colloca in una onorevolissima ventinovesima posizione.
Pensavamo che ci avessero chiuso tutti i cinema tranne uno e che la nostra città potesse consolarsi con la lettura di qualche buon libro facilmente acquistabile in loco. Il Sole 24ore è di diversa opinione.
Noi invece continuiamo a credere che a Lecco le librerie ci siano, storiche o neonate. Anzi dovremmo rispondere alla provocazione con un coro di protesta, magari accompagnato dalla banda, naturalmente quella ultra larga. Altrimenti a che servono le statistiche?
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