Ho letto con interesse l’editoriale di Alberto Carrara su “Le chiese vuote e una chiesa povera”, uscito ieri sulla Provincia. Rispetto ovviamente quanto scritto, anche se non posso fare a meno di sottolineare come la situazione della Chiesa lecchese e della Diocesi di Milano sia molto diversa da quella della parrocchia di Sant’Erasmo in provincia di Venezia. Quanto scritto dall’editorialista mi ha “provocato” nel senso che mi sono sentito chiamato in causa in prima persona e mi sembra giusto contrapporre quella che è la situazione della Chiesa di casa nostra, completamente diversa da quella descritta in quell’articolo.
Se in quella sede si parla di abbandono delle chiese e della pratica religiosa, non altrettanto possiamo dire per quanto riguarda la nostra parrocchia e più in generale la nostra diocesi; anzi da noi sta avvenendo esattamente il contrario. Vorrei innanzitutto ricordare il milione di persone presenti alla messa di Papa Francesco a Monza e, ancora, le oltre quattromila presenze alla Via Crucis presieduta a Lecco dall’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. Ma oltre a questo vorrei menzionare il grande afflusso riscontrato durante il triduo pasquale. Grazie anche al Giubileo della Misericordia, voluto dal nostro Pontefice, a Lecco c’è stato un grande riavvicinamento alle confessioni e questo ritorno al sacramento della riconciliazione non è assolutamente qualcosa di superficiale.
Ho potuto constatare di persona, nelle lunghe ore dedicate in questi giorni alle confessioni, che questo “ritorno” corrisponde ad una fede consapevole e matura, che probabilmente aveva bisogno di essere nuovamente accesa da testimoni privilegiati come sa essere, per esempio, Papa Francesco.
Oggi, in una società secolarizzata o liquida, come il sociologo Bauman l’ha definita, emerge per molti la necessità di una maggiore consapevolezza, di un impegno maggiore dentro una vita che sembra altrimenti destinata ad una superficialità senza valori. Ed attenzione, questo ritorno alla parola di Dio non vede protagonisti solo gli anziani, come certi luoghi comuni vorrebbero far credere troppo sbrigativamente. Posso dire con certezza che a Lecco su dieci persone che si avvicinano ai sacramenti, quattro appartengono alla terza età, altri quattro all’età di mezzo e due sono giovani. E che anche i giovani si sentano chiamati dalla rivoluzione operata dalla fede mi sembra straordinario. Possiamo dire che c’è un risveglio là dove c’è una proposta che interroga profondamente ciascuno di noi.
Nella banalità di un quotidiano che sa proporre solo modelli senza costrutto, la novità continua della parola di Dio diventa vera costruttrice di novità e di cambiamento. Oggi, in una società aperta al mondo, dobbiamo constatare come resti vivo il desiderio di “tornare a casa”, quel senso profondo di appartenenza che richiama alle proprie radici innervate dentro la parola del Vangelo. In questo contesto il compito della Chiesa è quello di aiutare la gente a riconoscersi dentro il senso dell’appartenenza.
Nel momento stesso in cui la Chiesa ti accoglie, comprendi quanto sia importante allargare la prossimità agli altri fratelli. E questo è il nodo fondamentale per un futuro che sappia unire e non dividere. In questo cammino noi sacerdoti siamo invitati a recuperare l’insegnamento del Concilio Vaticano II per far sì che ciascuno, nel proprio compito di prete, diacono o laico, partecipi a questo cammino comune di corresponsabilità ecclesiale, capace di ridare quella speranza troppo spesso negata.
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