Berlusconi-Bersani d'improvviso trattano. Hanno capito d'aver raschiato il fondo del barile? E insieme sperano di trovarne un altro per ricominciare? Monti ha sbagliato a mettersi con i politicanti: con Di Pietro e Ingroia sarebbe sparito anche Grillo; anche il Pdl e il Pdl-senza elle si sarebbero ridotti al lumicino, come il maggior partito, quello degli astenuti e delle schede bianche e nulle; Napolitano, successivamente, ha sbagliato a non dimettersi appena conosciuti i risultati elettorali e a non lasciare di essere rieletto: a questo punto la macchina Italia sarebbe in un'officina attrezzata, affidata alle cure di un tecnico capace di rimetterla a nuovo per ripercorrere l'autostrada del progresso.
Mario Grosso
Berlusconi e Bersani s'accorderanno per una ragione di reciproca convenienza: tutt'e due sanno che se si votasse tra qualche mese, dopo un periodo di breve transizione tecnico-istituzionale, difficilmente avrebbero partita vinta. Forse non sarebbero neppure della partita, costretti a un passo indietro. Meglio accordarsi sul nuovo capo dello Stato, una figura che garantisca equilibrio tra destra e sinistra. E poi costituire un governo neutro di facciata, e di condivisa strategia nella sostanza. Con esponenti più di area che di bottega. C'è una ragione ultima - però non certo l'ultima - che consiglia la strana coppia all'intesa: il movimentismo di Renzi. Renzi è un pericolo per Bersani e per Berlusconi (potrebbe chiuderne la carriera tout court). Non lo è per l'Italia. Anzi, per l'Italia è il contrario d'un pericolo: una possibile, e forse probabile, salvezza. Ma a chi importa dell'Italia?
Max Lodi
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