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Giovedì 04 Aprile 2013
La beatificazione di Rusca
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«Mai nella storia bimillenaria della Diocesi di Como e Sondrio è stata celebrata una beatificazione nel luogo stesso in cui è stata promossa la causa. Invece, il 21 prossimo, a Sondrio, accadrà proprio questo». A sottolinearlo è Diego Coletti, vescovo di Como e Sondrio, alla presentazione della cerimonia di beatificazione di Nicolò Rusca
SONDRIO«Mai nella storia bimillenaria della Diocesi di Como e Sondrio è stata celebrata una beatificazione nel luogo stesso in cui è stata promossa la causa. Invece, il 21 prossimo, a Sondrio, accadrà proprio questo».
A sottolinearlo è Diego Coletti, vescovo di Como e Sondrio, alla presentazione della cerimonia di beatificazione di Nicolò Rusca, arciprete di Sondrio e della Valmalenco dall'8 luglio del 1591 fino alla sua morte, avvenuta a Thusis il 4 settembre del 1618, dopo la condanna inflittagli dal Tribunale delle Tre Leghe.
A 450 anni dalla nascita di Rusca, a Bedano, vicino a Lugano, allora sempre parte della Diocesi di Como, e a 395 anni dalla sua morte, le reliquie dell'arciprete di Sondrio, conservate nella chiesa Collegiata, potranno essere venerate.
«È importante sottolineare che la cerimonia di beatificazione rappresenta l'alba, non il meriggio, rispetto alla testimonianza di fede autentica portata da Nicolò Rusca - ha precisato il vescovo - perché, anche se in questi mesi si sono susseguiti incontri su incontri, in tutta la Diocesi, dedicati alla figura di Nicolò Rusca, in modo da farla conoscere il più possibile, ciò non toglie che l'obiettivo della Chiesa, attraverso questi riti, resti quello di far comprendere alla gente quanto sia bello essere cristiani in maniera terrena. Conducendo una vita normale, umile, di preghiera, di opere buone. Come è stata la vita del Rusca».
Un'esistenza difficile, nella Sondrio dell'epoca, considerato il particolare periodo storico in cui si è trovato ad operare questo sacerdote formatosi al Collegio Elvetico di Milano e, poi, dopo una parentesi di due anni nella parrocchia di Sessa, in Ticino, approdato a Sondrio da prete "rinnovato" alle prese con una realtà complessa, di confine, in senso confessionale, dato che cattolicesimo e protestantesimo, Riforma e Controriforma, procedevano gomito a gomito.
«Va tenuto ben presente il fatto che il processo di beatificazione di una figura così scomoda, all'epoca, come quella del Rusca - ha insistito mons. Coletti - non è stato facile, neppure da proporre oggi, perché sussisteva il rischio che potesse essere letta come una dichiarazione di ostilità da parte cattolica verso il mondo protestante. Cosa che non volevamo affatto e che, in effetti, non è accaduta anche perché lo stesso Rusca era uomo di dialogo, aperto al confronto interreligioso, persino amico del pastore protestante di Sondrio. A prenderlo di mira, semmai, furono dei fanatici dell'epoca appartenenti alla comunità protestante, ma espressione dell'ala più radicale, probabilmente infastiditi proprio dall'atteggiamento aperto e franco del Rusca».
Che, peraltro, già San Carlo Borromeo aveva notato durante il periodo di studi al Collegio Elvetico di Milano, da lui stesso fondato.
«Mi sembra emblematico questo aspetto del legame, della particolare predilezione mostrata da San Carlo Borromeo verso il Rusca durante gli anni di studio a Milano - precisa il vescovo - . Una predilezione ricambiata in stima da parte del Rusca che, poi, proseguì il suo apostolato proprio nel solco di quel rinnovamento figlio del Concilio di Trento. E mi sembra anche emblematico il fatto che il primo a spendersi per la beatificazione del Rusca fu proprio quel Luigi Guanella che abbiamo santificato lo scorso anno. Praticamente è diventato prima Santo Luigi Guanella che Beato Nicolò Rusca. Cosa da imputare, ritengo, alla complessità della vicenda del Rusca. Per questo, la sua beatificazione va letta come un passo avanti nel confronto ecumenico coi pastori riformati.
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