Giancarlo Galli
Secondo i sondaggi, il partito dell'astensionismo rimane forte. Più o meno d'una valenza attorno al trenta per cento. E non è una bella notizia. L'altra non bella notizia è che resiste la quota d'indecisi, una fetta d'elettorato che viaggia tra il quindici e il venti per cento. Sicché arriviamo, grosso modo, a quel cinquanta che indica l'insofferenza, la delusione, l'imbarazzo di metà del Paese. Se tutto questo si tramuterà in una diserzione effettiva delle urne, sarà un pessimo segnale per la democrazia. La ragione, che spesso e magari in extremis provoca sussulti positivi, fa ritenere (sperare) che non sarà così.
Però che sia così la fotografia della sfiducia degl'italiani verso la classe politica, non ci sono dubbi. D'altra parte l'andamento della campagna elettorale, fatta qualche meritoria eccezione, non ne favorisce il ridursi: chiacchiere spesso vaghe, imbonimenti palesi, contraddizioni clamorose. Soprattutto scarso riguardo verso l'intelligenza degli elettori, considerati incapaci di ricordare, di distinguere, di giudicare. Si dice: ma questo è il solito qualunquismo. Effettivamente sì: il solito qualunquismo di chi comizia, non di chi ascolta i comizianti.
Max Lodi
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