Homepage / Sondrio e cintura
Sabato 26 Gennaio 2013
Delitto Brusio, Dna
compatibile con il moldavo
Ieir in udienza un'esperta genetista e una anatomopatologa
Ma la difesa insiste: "Quei reperti non ci convincono"
SONDRIO - Che il duplice omicidio di Zalende sia stato commesso il 21 novembre del 2010 nessun dubbio, anche se i corpi di Gianpiero Ferrari e Gabriella Plozza furono rinvenuti solo l'indomani, - ovvero il lunedì mattina, quando i figli si presentarono negli uffici dell'azienda per riprendere il lavoro.
Sull' ora della morte della coppia l'udienza di ieri in Corte d'Assise a Sondrio non è invece riuscita a fare chiarezza.
Gli inquirenti elvetici in un primo momento hanno fissato una forbice tra le sei e le 15. L'anatomopatologa italiana Cristina Cattaneo - consulente tecnico del Tribunale - ha invece dato altri orari: dalle 10 alle 19 per la donna e dalle 11 e 55 alle 20 e 55 per l'uomo. Una differenza dovuta al fatto che il Ferrari - a cui il killer ha sparato colpendolo alla giugulare - è morto quasi subito, mentre la moglie, è rimasta a lungo agonizzante.
Altro aspetto che la pubblica accusa ha affrontato è quello dei profili genetici rilevati sui corpi dei Ferrari e nei loro uffici. Assente per malattia il consulente italiano Maurizio Capra, ha riferito sul punto Ursula Germann, l'esperta di genetica forense del dipartimento di San Gallo che ha analizzato 49 tracce, tra queste anche il frammento prelevato da sotto un'unghia della mano destra del Ferrari che da una più recente comparazione è risultato compatibile (che non significa identico) con quello del moldavo, ritenuto il presunto killer.
«Questo è quello che si afferma - dice l'avvocato del moldavo Rossella Sclavi (che ha rappresentato anche il valtellinese Ezio Gatti, l'altro imputato ieri assente)- visto che l'argomento DNA sarà oggetto di ulteriore istruttorie, poiché sul punto dovremo sentire sia il consulente della Procura che i nostri consulenti».
Di una cosa possiamo però essere certi. Quella di Zalende è stata una mattanza, con due vittime prima raggiunte da colpi di pistola – tre in tutto - poi finite selvaggiamente con il calcio di una Beretta che non ha sparato perché caricata con cartucce errate. In quella casa non è entrato un killer di professione. Anche su questo punterà la difesa ricordando come Cojocaru, da ex sergente di polizia, ha dimestichezza con le armi e mai avrebbe sbagliato.
© RIPRODUZIONE RISERVATA