Tortura, dignità, civiltà: da più di tre mesi è riesploso l'attacco al sistema penitenziario, che portava, quasi con cadenza quinquennale, a provvedimenti di clemenza, procedure con un senso in regimi totalitari, ma dannose in una società di diritto e democratica. Come la depenalizzazione. Come l'istituto della grazia. Solo l'istituto della revisione ha una sua ragion d'essere, anche in un mondo dove funzioni la giustizia (in Italia un'astrazione). I problemi sono pluridecennali e non vanno risolti rimettendo in liberà soggetti pericolosi, cosa che nell'anno successivo fa saltare i numeri statistici, ma creando strutture idonee, tenendo presente che le carceri non sono alberghi: al tempo del liceo la mia camera non era di 6 mq, con un letto, una scrivania con sedia e un piccolo scaffale per i libri.
Mario Grosso
Quando si passano le legislature a deliberare in materia di giustizia su provvedimenti che interessano pochi invece che tutti, i risultati sono questi. Che i processi restano meno rapidi; che specialmente le cause civili durano un'eternità; che i penitenziari risultano sovraffollati e spesso invivibili. L'assurdo è che ce ne sono di nuova costruzione, ma lasciati a metà o a trequarti della fase edificatoria; che alcuni, dopo essere stati aperti, hanno in tempi stretti subìto la chiusura per complicate (misteriose) ragioni; che mettere il detenuto nella condizione di scontare la pena civilmente dovrebbe essere uno dei capisaldi della Repubblica mentre è il fragile puntello di un'idea solo di quando in quando riportata alla superficie dell'interesse politico. In quale agenda elettorale si privilegia l'argomento carceri?
Max Lodi
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