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Sabato 12 Gennaio 2013
Tentata estersione all'Edilbi
Cancellato l'intero processo
Erano accusati in concorso di tentata estorsione ai danni dell'imprenditore sondriese Claudio Bianchi, titolare Edilbi, e per la pubblica accusa avrebbero dovuto essere condannati con pene da 7 a 11 anni di reclusione senza attenuanti generiche «per le modalità del fatto e per il comportamento processuale». L'assenza di una querela ha derubricato da tentata estorsione a esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Sondrio - Erano accusati in concorso di tentata estorsione ai danni dell'imprenditore sondriese Claudio Bianchi, titolare Edilbi, e per la pubblica accusa avrebbero dovuto essere condannati con pene da 7 a 11 anni di reclusione senza attenuanti generiche «per le modalità del fatto e per il comportamento processuale».
Il collegio giudicante ha invece dichiarato "non doversi procedere" nei confronti di tutte e decretato estinte le misure cautelari che ancora gravavano sugli imputati Antonio Di Sarno,Alessandro Stuto e Roberto Frascarini, rispettivamente di 40, 41 e 38 anni, tutti e tre originari del Sud, ma residenti nel bresciano.
Accolta così in pieno la tesi difensiva avanzata dall'avvocato Giuseppe Romualdi (difensore del Di Sarno) che ha stigmatizzato l'assenza di una querela, indispensabile per poter procedere nel caso il reato fosse stato derubricato da tentata estorsione a esercizio arbitrario delle proprie ragioni, come poi deciso dalla Corte.
Anche gli altri legali difensori - Paolo Botticini (Foro di Brescia) e Giuseppe Maria De Lalla(Foro di Milano) - hanno fatto leva sulla diversa qualifica del reato.
Perché di questo si sarebbe trattato: non di una minaccia estorsiva fatta addirittura mostrando una pistola e facendo pesanti allusioni alla salute dei familiari del Bianchi.
I tre avrebbero esercitato pressioni sul sondrierse in virtù di una pretesa di danaro che l'imprenditore avrebbe dovuto corrispondere alla ditta dello Stuto. Il bresciano chiese a Claudio Bianchi circa 231mila euro, somma che avrebbe coperto i cedolini Inps e della Cassa edili che si era trovato a dover versare anche perché la sua ditta accettò di farsi carico di una decina di operai prima in carico all'Edilbi. Stuto lavorò in sub appalto per il Bianchi in alcuni cantieri e il processo si è concentrato a lungo sui rapporti intercorsi tra le due imprese sia sotto il profilo economico che fiscale. Una "piega" che l'avvocato Marco Brenelli (Bianchi) ha sempre cercato di correggere, temendo che gli aspetti civilistici potessero mettere in ombra il reato penale.
Anche il Pm Stefano Latorre ha sempre enfatizzato il fatto che la presunta pretesa dei tre non è mai stata dimostrata portando in aula i cedolini tanto reclamati. Anzi, «è il Bianchi stesso che - stanco delle continue richieste di denaro - si offre di pagare i versamenti Inps a fronte di una pezza giustificativa che però non vedrà mai».
Di qui la minaccia nei suoi confronti, culminata con una "visita" dei tre nei suoi uffici di via Ventina che poi portò il Tribunale a spiccare un mandato di arresto. «L'elemento costitutivo dell'estorsione - ha tuonato ieri Brenelli al termine della sua arringa - è la minaccia stessa che diventa condotta punibile».
Poi, una volta ascoltata la lettura della sentenza il difensore ha dichiarato «Aspetto di leggere le motivazioni, ma ricorreremo in appello. Resta il fatto che qui siamo in presenza di una questione procedurale, i fatti non sono messi in dubbio».
Soddisfatti i difensori dei tre:«Il Tribunale ha capito che non si è trattato di una tentata estorsione - ha dichiarato De Lalla -, ma solo di un goffo tentativo di recuperare i soldi dovuti»; «È stato un processo difficile - ha aggiunto Botticini - e noi siamo riusciti a individuare la via d'uscita». Nessuna dichiarazione da parte di Romualdi ma solo un grande sorriso e tante strette di mano alla lettura della sentenza pronunciata dal presidente Gianfranco D'Aietti e scritta da Antonio De Rosa ePietro Della Pona.
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