Verso la “pace ingiusta” tra Russia e Ucraina

stati Uniti e Russia tornano a parlarsi. Ad oggi è questa la buona notizia. In attesa degli sviluppi, l’ordine mondiale prefigurato da Donald Trump è un’intesa fra imperi che si spartiscono zone di influenza, con buona pace del diritto internazionale e della democrazia, che resta pur sempre il sistema grazie al quale il tycoon è stato eletto per due volte presidente degli Stati Uniti. Definire «piano di pace» per l’Ucraina le concessioni che la Casa Bianca sarebbe pronta a garantire a Mosca è davvero ridicolo se non fosse tragico e quindi rischioso. La pace non è la fine della guerra ma l’assenza di condizioni che possono generarla e lo spegnimento del conflitto. La Bosnia insegna: a 30 anni dalla fine dei combattimenti, lo Stato balcanico è ancora a rischio perché una delle sue due componenti, la Republika Srpska, ha un progetto per secedere e non riconosce ancora il genocidio di Srebrenica. Il Paese venne salvato dal tentativo di smembramento messo in atto dai nazionalismi suprematisti serbo e croato, a danno dei bosniaci musulmani, con gli Accordi di Dayton che presero atto della nuova geografia determinata dalle armi. Venne istituito un complicato sistema di governo che avrebbe dovuto riconciliare le comunità ex belligeranti ma è mancato un percorso di riconoscimento dei torti, delle ragioni e dei crimini commessi. Sotto la cenere della fine della guerra, la brace del conflitto è ancora accesa.

Per quello che è dato sapere, la conclusione della tragedia ucraina passerebbe dal riconoscimento alla Russia di una parte consistente dei territori annessi illegalmente (e in grave violazione del diritto internazionale sancito dalla Carta dell’Onu, sottoscritta anche da Mosca), il no all’ingresso di Kiev nella Nato e le garanzie di sicurezza per lo Stato invaso nel 2014 e nel 2022 su larga scala, in capo all’Europa, con la sinergia di Paesi extra Ue. Agli Stati Uniti gli onori della «pace» con l’affermazione dei rapporti di forza, alla debole Unione europea gli oneri. Non solo: la Casa Bianca otterrebbe il risarcimento per il sostegno militare agli aggrediti sfruttando le terre ucraine ricche di titanio, litio e nichel, denominati «metalli tecnologici» perché essenziali per la produzione di «device» elettronici e nelle rinnovabili. Almeno a metà di questa dote guarda caso è nel Donbas annesso alla Russia. Nella regione si trova l’importante città mineraria di Toretsk, conquistata in questi giorni dall’esercito invasore: una distesa di macerie e morte (aveva 31.765 abitanti) dopo la «vittoria». Del resto nel ‘900 il Donbas venne russificato da Stalin perché già industrializzato, ricco di miniere di ferro e di carbone.

Si dice non a torto che la «pace giusta» è rara ma quella che si profila per l’Ucraina è sommamente ingiusta e pone le premesse per il ritorno della guerra in futuro, se le garanzie di sicurezza non saranno solide. Mentre si avvicinava la telefonata di Trump a Putin, città ucraine hanno subìto la razione quotidiana di missili che hanno colpito abitazioni (a Kiev, Kherson, Kharkiv e Sumy) provocando un’altra ventina di vittime civili. E nei territori occupati diventava legge la prassi già in un uso dell’obbligo di prendere la cittadinanza russa per non perdere casa, lavoro, assistenza sanitaria e accesso ai conti bancari: il riconoscimento di quelle terre al Cremlino comporterà lo spostamento di popolazioni.

In attesa di capire nei dettagli il nuovo ordine mondiale di Trump, converrà vigilare anche sulle parole. Il loro cattivo uso alimenta infatti conflitti. Ieri il capo del Servizio di intelligence estero russo, Sergei Naryshkin, ha definito l’Ucraina «uno Stato fallito», aggiungendo che si sarebbe inevitabilmente disintegrata anche se non ci fosse stata l’invasione: una falsità. Ha poi suggerito di stabilire in anticipo quali dei suoi territori andranno a Paesi vicini. Se queste sono le premesse della pace...

Sempre ieri la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha condannato come «invenzioni blasfeme» le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: in un discorso all’Università di Marsiglia la scorsa settimana, il Capo dello Stato aveva detto che «negli anni ’30 anziché la cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. Fu questo il progetto del Terzo Reich e l’aggressione russa all’Ucraina è di questa natura». Blasfemo è il tentativo di conquista e di annessione, di predominio attraverso vasti crimini su un popolo che attraverso il voto ha scelto a maggioranza la via dell’Europa, la storia che dovrebbe andare avanti e non a ritroso. Ma questi sono i tempi.

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