Chi si ricorda dei “Brutos”, un gruppo comico musicale che imperversava nei varietà e nei Caroselli della Rai di Bernabei degli anni ’70? Un componente di questo complesso si distingueva per essere il continuo bersaglio degli schiaffoni in faccia che gli rifilavano tutti gli altri. Un’immagine che torna alla memoria in questi giorni, con il nascituro e inedito governo giallo verde con 5Stelle e Lega che sta venendo alla luce (se succederà) a suon di schiaffoni. Vero che è prassi da parte del medico in sala parto colpire chi è appena giunto al mondo con un delicato buffetto per sondare la reattività. Ma quelli che si sono abbattuti sulle facce di Giggino di Maio e Matteo Salvini sono sberloni da levare la pelle e scagliate da mani diversi. A volte, addirittura, se le sono date anche tra loro, magari in maniera affettuosa pur se dolorosa.
il primo manrovescio, il leader pentastellato ancora con il grembiule infarinato del fornaretto lo ha incassato da Matteo Renzi che ha affossato l’idea di un accordo tra il Pd e i post grillini che pure sembrava godere di una corsia preferenziale al Quirinale. Poi proprio da lì, da Mattarella, sono arrivati gli schiaffoni più tosti. Sono quelli del maestro di una volta che punisce così gli alunni discoli e svogliati che non riescono a imparare la lezione. Quale? Quella della politica che sarà una brutta cosa, un teatrino in disarmo, una litania d’altri tempi, ma due regole due valide le mantiene ancora. Una di queste dice che, almeno dalle parti della nostra Costituzione, se vuoi fare un governo devi avere almeno uno che lo metta assieme. Un aspirante presidente del Consiglio insomma. Che invece era l’ultima cosa che i due Franti saliti al Colle qualche giorno fa avevano in mente. Del resto a cosa serve un premier, quando hai un bel programma forte e chiaro? Potrebbe bastare anche un pupazzo che ventriloquamente (vi piace il neologismo? Tanto vale tutto) ripete le direttive dei leader. E invece no, è giù con gli sberloni presidenziali sulle facce allibite dei due.
Se poi il premier deve essere politico, allora la regola dice che toccherebbe alla forza più votata esprimerlo. Cioè i Cinque Stelle. No? Perché Salvini dice di rappresentare tutto il centrodestra che, messo assieme vale più dei “gialli”. Però gli altri partiti nella maggioranza non ci sono. Con Fratelli d’Italia c’è stato solo un fugace usmarsi, mentre Berlusconi per Forza Italia, prima della riabilitazione però, ha offerto la sua “benevola astensione”. Elargita però a mano aperta, viste le belligeranti esternazioni successive dell’ex Cavaliere.
Non bastasse la razione di cachet somministrata a Giggino e Matteo dopo questa compilation di sberle, cosa di combinano i due? Tornano da Mattarella e portano la “brutta” del compito, quella bozza di contratto poi saltata fuori grazie a qualche manina anonima (schiaffo amico in questo caso) . Per fortuna il maestro del Quirinale non l’ha letta e si è limitato a un giro di “cinque dita” per ricordare che a lui bisogna consegnare solo la “bella copia”. Sai altrimenti quanti segni con la matita rossa avrebbe dovuto ospitare quel foglio in cui chiedeva di cancellare quei 250 miliardi di debito pubblico che in fondo cosa vuoi che sia, un po’ di sconto oggi te lo fanno tutti e di uscire dall’euro e pazienza se non è possibile.
È che poi la brutta copia è finita sotto gli occhi dei signori dei mercati che non vedevano l’ora di menare la mani. E gli schiaffoni sono diventati una gragnuola arrivata un po’ da tutte le parti. Il problema è che questi ultimi, con lo spread che si impenna e la borsa che crolla li stiamo prendendo tutti. E non solo i due discoli.
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