Un carcere più umano ma il decreto non basta

Il 4 luglio scorso la Camera ha approvato in seconda lettura l’art. 1 della riforma penale, già passata al Senato, che abolisce il reato di abuso d’ufficio, suscitando forti contestazioni da parte delle opposizioni che hanno evidenziato la creazione di un vuoto legislativo, che favorisce la mafia e indebolisce la lotta alla corruzione.

Sennonché proprio due giorni prima il Consiglio dei ministri ha emesso un decreto legge contenente misure urgenti sulle carceri nel quale viene introdotto un nuovo reato, il “peculato per distrazione”, che per le opposizioni e per l’Associazione nazionale magistrati sembra la riformulazione parziale dell’abolito reato di abuso d’ufficio e comunque di quella fattispecie penale abrogata negli anni ’90.

Si ipotizza che il nuovo reato sia stato introdotto a seguito dei giusti rilievi avanzati dal presidente Mattarella appunto per l’abolizione dell’abuso d’ufficio che contrasta con gli obblighi internazionali. Insomma, si corre ai ripari per colmare un vuoto di tutela creato dall’abrogazione dell’abuso d’ufficio. Altrimenti non si giustificherebbe l’adozione di un provvedimento di urgenza come il decreto legge che è entrato in vigore prima dell’abolizione definitiva dell’abuso. Ma il ministro della Giustizia Nordio ha dichiarato che l’art. 10 del decreto legge Carceri sul peculato non interviene sull’abuso d’ufficio, essendo un’ipotesi completamente diversa, che «significa veicolare le risorse che hai a disposizione verso una destinazione non prevista dalle leggi».

In effetti, l’abuso era una norma un po’ troppo generica e quindi pericolosa perché si prestava a molteplici interpretazioni, ma ciò non ne giustificava la cancellazione, ben potendo essere perfezionata con l’introduzione di altri elementi e circostanze specifiche per limitarne l’applicazione.

Per quanto riguarda le restanti disposizioni del decreto legge governativo varato per fronteggiare il sovraffollamento degli istituti penitenziari e l’emergenza suicidi nelle carceri, va rilevato che lo stesso ministro della Giustizia Nordio ha dichiarato che non si tratta di un provvedimento “svuotacarceri”, ma di un intervento di “umanizzazione carceraria”. Si tratta di misure per la semplificazione e velocizzazione delle procedure per concedere la libertà anticipata ai detenuti che abbiano partecipato all’opera di rieducazione.

Però non è stata accolta l’unica misura che avrebbe potuto ridurre l’affollamento carcerario e cioè quella proposta dal deputato di Iv Roberto Giachetti, appoggiata da FI, che prevedeva l’aumento dei giorni di liberazione anticipata per i detenuti che abbiano tenuto buona condotta da 45 giorni a 75 giorni per ogni semestre di condanna scontata, tenuto conto delle condizioni disumane in cui sono costretti a vivere i detenuti.

Il sovraffollamento carcerario ha raggiunto il 130% con i 60.547 detenuti in teorici 51.241 posti perché quelli effettivi sono 46.941, mentre i suicidi in carcere sono 50 dall’inizio dell’anno, in media uno ogni quattro giorni, nonostante che il Consiglio d’Europa, il Papa e il presidente della Repubblica abbiano sollecitato interventi urgenti e immediati. Le misure previste nel decreto legge non sono invece risolutive del problema. Anche l’assunzione nei prossimi due anni di mille agenti di polizia penitenziaria è ben poca cosa se si considera che il fabbisogno è di oltre 18mila unità. Ma soprattutto va incrementato l’organico del personale specialistico necessario per i corsi di formazione e di rieducazione che i detenuti devono seguire.

L’Italia non può cavarsela, per evitare ulteriori condanne per tortura da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, con un sistema di risarcimento dei danni a favore dei detenuti, perché la tortura deve essere eliminata, non risarcita. Occorre perciò aumentare le sanzioni alternative al carcere se non si riesce a costruire o ristrutturare nuovi istituti di detenzione, risolvendo così con urgenza il problema del sovraffollamento per restituire ai detenuti e agli agenti di custodia un regime di vita dignitoso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA