Soprattutto di questi tempi nei quali imperversano sui media Soloni e Azzeccagarbugli d’ogni sorta, benedico il fatto di essermi sempre ritenuto equidistante da due sgradevoli categorie di persone (figurarsi, poi, di giornalisti). Da un lato gli inguaribili ottimisti, i progressisti dell’aria fritta, quelli per cui un soffio di vento basta a dire che il mondo sta cambiando e le favole irrorano i terreni brulicanti della realtà. Dall’altro, i disfattisti, quelli che non coglierebbero il barlume di un cambio d’epoca (o di passo, direbbe il sindaco Gattinoni) nemmeno se ballasse la danza del ventre a due spanne da loro.
Ecco perché, quando sento parlare di turismo a Lecco, avverto il pressante bisogno di ancorarmi a terra come un bulldozer, parlando di numeri e di realtà, piuttosto che seguire le due opposte mode di chi celebra il sol dell’avvenire o, al contrario, fa il Bartali della situazione: “Turismo? Tutto sbagliato, tutto da rifare”.
La verità è che nel 2024 il territorio lecchese ha vissuto una buona stagione sul fronte turistico, accompagnata da segnali positivi anche dal punto di vista del commercio. Corre quindi l’obbligo di dire che sì, il turismo rappresenta oggi uno dei settori trainanti della nostra economia. Negli ultimi anni, l’area lecchese ha registrato un incremento delle strutture turistiche e degli addetti al settore. Non si preoccupino i lettori. Da buon figlio di una Lecco dei tempi che furono, riconosco ancora la differenza tra una vergella e uno spritz all’aria aperta. Ciononostante, i numeri non mentono: secondo i dati della Camera di Commercio di Como-Lecco, la nostra provincia cresce del 13,5% sul fronte delle attività turistiche. Ovviamente non trascuro il fatto che siano cresciuti anche gli eventi culturali e le iniziative per attrarre i visitatori, come del resto le escursioni organizzate in tante splendide cornici del nostro territorio.
Si può ampiamente discutere del fatto che sia tutta farina del nostro sacco. Il comparto turistico lecchese, infatti, beneficia della forte attrattiva del Lago di Como, che è ormai meta internazionale, e delle località montane come Valsassina e Resegone (per non citare la Valtellina). Sta di fatto che il numero di turisti è aumentato sensibilmente grazie a investimenti nel settore dell’ospitalità e in nuove attività legate al turismo esperienziale.
Insomma, chi prova a tirare per la giacchetta il settore rivendicando meriti che sono estesi quanto intere praterie, come diceva una mia anziana zia, “mente sapendo di mentolo”.
In tutto questo, il settore del commercio lecchese presenta una situazione più variegata. Negli ultimi anni, il commercio ha affrontato alcune sfide, in parte legate alla pandemia e in parte dovute ai cambiamenti nelle abitudini di acquisto dei consumatori. Mentre alcuni comparti, come l’elettronica e i beni di prima necessità, hanno registrato una ripresa, il settore dell’abbigliamento e delle calzature ha incontrato maggiori difficoltà. Però, anche qui, è l’esperienza a comandare. Il rilancio del commercio locale passa anche e soprattutto da eventi come “Shopping di Sera”, che si svolge a Lecco, o dai suoi omologhi provinciali, che invitano i cittadini a riscoprire il piacere degli acquisti nei negozi locali con aperture serali estese durante il periodo estivo. Gli addetti ai lavori mi dicono anche che è una tendenza conclamata quella dell’acquisizione da parte della grande distribuzione di spazi più ridotti nei centri urbani, rispetto agli spazi attuali in periferia. Anche loro hanno capito che la dimensione “di vicinato” è più gradita al consumatore. La presenza di punti vendita minori, anche se di grandi marche di distribuzione commerciale, può dare una bella spinta anche ai negozi di vicinato.
In ogni caso, è anche tempo che Regione Lombardia, che già agisce sul tema, supporti ancora di più i commercianti per sostenere investimenti volti a rendere l’ingresso e la permanenza nei negozi una vera esperienza. E qui cade a fagiolo il tanto vituperato turismo, che potrebbe fungere invece da volano per i negozi locali, soprattutto nelle zone più frequentate dai turisti, come i centri storici e le località lungo il lago e in Valsassina. Si finirebbe per dare forza alla domanda di prodotti locali, come artigianato e gastronomia, che rappresentano un’opportunità di crescita per il commercio lecchese. In questo senso, le prospettive per il 2025 sono tutte piuttosto positive.
Insomma, parlare di numeri è sempre la cosa migliore. Perlomeno finché non si finisce col darli, i numeri. Ma questa, soprattutto in politica, è un’altra storia.
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