Elly Schlein non ha paura di Vincenzo de Luca. E Vincenzo de Luca non ha alcuna intenzione di farsi comandare da Elly Schlein. E’ molto probabile che questa radicale incompatibilità della coppia porti a un divorzio tra i due. Che però significherebbe anche una separazione del Pd campano dalla sua segretaria nazionale. Riassumiamo.
Ad ogni occasione, anche l’altra sera in televisione da Fazio sulla Nove, la Schlein ripete che alle elezioni regionali della fine di quest’anno anno in Campania il Pd non appoggerà una terza candidatura di De Luca a governatore. «Non lo abbiamo fatto per Bonaccini in Emilia Romagna e per Decaro in Puglia, che pure erano amati e stimati, perché dovremmo farlo per lui? Le regole valgono per tutti».
Punto e basta, la segretaria sono io, ed «è per questo che mi hanno eletto», ossia per farla finita «con cacicchi e capibastone». E lei chiaramente considera de Luca un cacicco che ormai ha fatto il suo tempo. Al massimo può concedere l’onore delle armi: «Fai un nome per il tuo sostituto» per la gara col centrodestra (che candiderà quasi certamente l’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato, leader internazionale del packaging).
Ma lui, “lo Sceriffo” non ne vuol neanche sapere ed è certo che si candiderà anche da solo, anche contro il Pd. E con lui sembra che si schieri il Pd campano, o quantomeno il gruppo consiliare regionale, tant’è che i consiglieri– tutti tranne una – hanno compattamente votato in commissione una leggina che consente a De Luca non un terzo mandato ma un “secondo mandato bis” - e scusate il bizantinismo che nella politica italiana non manca mai - bypassando così la norma nazionale.
A chiamarla come andrebbe chiamata, è una rivolta contro il Pd romano, e tutto a favore del governatore. Tant’è che a Napoli e a Salerno si dice che i possibili candidati del post-de Luca – e cioè il sindaco partenopeo Gaetano Manfredi e l’ex presidente della Camera Fico, grillino della prima ora – starebbero seriamente pensando di fare un passo di lato e di non andarsi a misurare con uno che da quelle parti “lo votano anche le pietre”. E’ chiaro però che il Pd non rinuncerà, sperabilmente insieme al M5S, ad avere un proprio candidato qualunque cosa decida di fare e de Luca, e vada come deve andare. Cioè, nell’unico modo possibile: tutto a favore del centrodestra che si gioverebbe della spaccatura altrui, con due candidati della sinistra che si fanno la guerra tra loro e così aprono la strada a Fratelli d’Italia.
Infatti dalla destra napoletana si alzano sonore e benevolenti espressioni di congratulazioni verso la decisione della Schlein sul no al terzo mandato: «Sei coraggiosa, avanti così!», e non si capisce se in quelle parole ci sia più ironia o più gusto dell’acquolina per la possibile riconquista della regione dopo tanti anni di strapotere deluchiano.
Ma la Campania non è certo l’unico problema della Schlein che, dopo la bruciante sconfitta ligure, scruta le mosse di Giuseppe Conte temendone l’inveterato trasformismo. «Ma se non si allea con noi, dove va?» continua a chiedersi, lei che si definisce «testardamente unitaria». Già, ma nel frattempo si ricomincia a parlare di un possibile inciucio di Conte con la destra per le nomine alla Rai. Magari non subito, magari dopo gli Stati Generali del Movimento che chiuderanno i conti con Grillo, e anche dopo le elezioni in Umbria per vedere come vanno a finire. Avverte Chiara Appendino parlando a nome del suo capo: «Allearsi con il Pd per noi è dannoso».
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