Tra Francia e Cina un rapporto d’affari

Ecosì, dopo cinque anni di assenza, il leader cinese Xi Jinping è tornato in Europa. Anche se sarebbe meglio dire che è tornato in Francia, visto che le altre due tappe erano in Serbia (ricorrevano tra l’altro i 25 anni del bombardamento Nato sull’ambasciata cinese di Belgrado) e in Ungheria, che non possono essere considerate i casi più tipici della galassia europea. In Francia, si diceva, per celebrare i sessant’anni delle relazioni diplomatiche ma soprattutto per sancire il principio, caro alla Cina che il commercio e gli affari guariscono tutti i mali.

Da questo punto di vista Pechino ha scelto con la solita sottigliezza. L’Italia, che aveva aderito al progetto della Nuova Via della Seta con il governo Conte e se n’è ritirata con il governo Meloni anche per le pressioni degli Usa, è stata saltata a piè pari. Il nuovo interlocutore della Cina per l’Europa è la Francia di Emmanuel Macron, che alla Via della Seta non ha mai aderito ma ha sufficiente cinismo e orgoglio per andare senza troppo rumore contro i principi che afferma ad alta voce. Indicativo l’incipit macroniano all’incontro con Xi: parleremo di commercio, concorrenza, finanza, mercati... e poi anche di Ucraina e Medio Oriente. Non male per il presidente che poche ore prima invitava (di nuovo) a mandare truppe europee in Ucraina.

Senza gridarlo sui tetti, Macron e Xi Jinping si sono incontrati anche per facilitare la conclusione di un mega accordo di cui si discute da tempo: la fornitura da parte di Airbus, l’azienda europea (con forti interessi francesi) che è ormai il primo produttore di aerei al mondo e che l’anno scorso ha firmato per la costruzione di una seconda catena di montaggio in Cina, di centinaia di velivoli per il secondo mercato aeronautico mondiale, quello cinese appunto. E su questa linea, appena mascherata dai ricevimenti e dalle visite culturali della signora Brigitte e della signora Peng Liyuan, è proseguito il summit tra i due presidenti. Il pur asfittico mercato europeo dell’auto elettrica stenta a contenere l’offensiva dei modelli cinesi a basso costo, che sono ormai uno su quattro tra quelli circolanti, e la Cina domina la produzione dei dispositivi necessari alla mobilità elettrica? Bene, le industrie francesi siglano una serie di accordi con quelle cinesi per l’assemblaggio e il riciclo delle batterie. Certo, Macron potrà dire ai francesi di aver ottenuto nuovi posti di lavoro. Buon per la Francia, ma tutto questo che cos’ha a che fare con l’Europa?

Dal canto suo, Xi Jinping porta a casa la riaffermazione di quella che a Pechino considerano, prima che una filosofia politica, una regola di buon senso: potete dare la caccia ai nostri hacker e alle nostre spie, criticarci per Hong Kong e per gli uiguri, ammonirci per Taiwan, mettere dazi alle nostre merci, ma se volete far girare l’economia prima o poi dovrete passare da noi. Si tratta, fuor di dubbio, di una delle conquiste del decennio di potere di Xi Jinping, tutto dedito a sviluppare la Cina dal punto di vista tecnologico e a far crescere il suo peso nei settori strategici.

Forte di questa condizione, il leader cinese ha potuto ignorare i ripetuti appelli a smettere di aiutare la Russia, che in Cina trova quasi tutto ciò che l’Occidente le nega. Acquisti di gas e petrolio russi a parte, l’esportazione cinese verso la Russia di beni a doppio impiego (civile e militare) è cresciuto del 60% dal giorno dell’invasione. Un contributo alla causa del Cremlino che, come abbiamo visto in questi due anni e mezzo, è riuscito a vanificare il pur notevole contributo occidentale (siamo ormai sui 280 miliardi di dollari) alla causa dell’Ucraina.

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