Nei primi giorni dei micidiali bombardamenti sulla Striscia di Gaza (ancora in corso), Vladimir Putin affermò che «i palestinesi hanno diritto a un proprio Stato». Giudizio condivisibile ma pronunciato da un leader che ha ordinato l’invasione su larga scala di un altro Stato, l’Ucraina riconosciuta indipendente e sovrana nel 1991 dall’Onu e dalla stessa Russia, da Mosca ancora nel 1994 (con il Memorandum di Budapest) e nel 1998 (Trattato di amicizia russo-ucraino). L’aggressione scattata il 24 febbraio 2022 con il nome di «operazione militare speciale» aveva l’obiettivo di rovesciare il legittimo governo di Kiev per imporne uno alleato, sul modello della Bielorussia retta dal dittatore Alexander Lukashenko. Non è un’opinione ma la mira dichiarata dallo zar in più occasioni. L’operazione come noto fu respinta dagli aggrediti e il Cremlino ripiegò sullo smembramento dell’Ucraina: dal settembre 2022 il 20% del territorio occupato è formalmente e illegalmente parte della Federazione russa. Una gravissima violazione della Carta dell’Onu, alla quale ancora Putin si è appellato per denunciare il bombardamento israeliano del Consolato iraniano a Damasco, avvenuto il 1° aprile scorso. Richiamo corretto, ma da che pulpito...
Nel meccanismo grave di attacchi e contrattacchi nel quale è avvitato tragicamente il Vicino Oriente, ancora lo zar è intervenuto invitando Teheran a non colpire civili dello Stato ebraico. I civili ucraini da due anni e mezzo ogni giorno sono sotto il tiro dei raid russi ed hanno subìto gli eccidi di Bucha e di Mariupol, stupri, torture e deportazioni. Ma anche altre dittature si richiamano al rispetto del diritto internazionale, interpretandolo come insieme di norme «alla carta».
Nemmeno le democrazie occidentali sono immuni da questo ricorso ipocrita, ma con differenze sostanziali: quel diritto non è pesantemente e sistematicamente violato al loro interno e leader politici dell’Ovest che hanno promosso conflitti si sono poi ricreduti, anche se non hanno pagato per le morti di migliaia di civili provocate (ma questo non accade quasi mai nelle guerre). Inoltre le democrazie dipendono dal consenso che legittima il potere politico nell’alternanza al governo dei partiti di diversa ispirazione . E perfino dai sondaggi: il 62% degli italiani è contrario al ricorso di armi fornite all’Ucraina se utilizzate per colpire obiettivi militari in territorio russo. La premier Giorgia Meloni ha assecondato questa tendenza emersa dalle indagini demoscopiche, incalzata anche dall’ideologia filoputiniana di Matteo Salvini e di Donald Trump, che potrebbe tornare alla guida della Casa Bianca. La 79ª sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite conclusasi il 30 settembre scorso, ha reso in modo plastico la diffusa concezione del mondo come somma di interessi nazionali, senza una visione più grande. Leader politici hanno usato il podio del Palazzo di Vetro per comizi, rivendicando pretese statali. Filippo Grandi, Alto commissario dell’agenzia dell’Onu per i rifugiati, ha tratto un bilancio grave dell’assise: «L’ho vissuta con un senso di impotenza straordinaria. A New York abbiamo conclamato che siamo arrivati a una paralisi degli strumenti di ricerca della pace senza precedenti».
Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, nel suo discorso all’Assemblea generale, ha definito le Nazioni Unite una «palude antisemita». Parole pericolose perché generalizzanti: fanno parte dell’Onu anche le democrazie occidentali e altri Paesi che sostengono e armano Israele, favorevoli alla soluzione «due Stati per due popoli», per la quale peraltro oggi mancano le condizioni politiche e territoriali di una realizzazione (la Cisgiordania colonizzata e la Striscia di Gaza distrutta). Il professor Vittorio Parsi, esperto di geopolitica non certo ascrivibile al mondo cosiddetto «Pro Pal», ha definito il discorso di Netanyahu «vergognoso», il premier «punta a sostituire l’invulnerabilità di Israele, scossa dagli eventi del 7 ottobre, con una vera e propria onnipotenza. Questa strategia ambiziosa e rischiosa minaccia la sicurezza di Israele, del Medio Oriente e dell’Europa intera».
Lo Stato ebraico è attaccato da sette fronti ed è legittimato a difendersi ma il diritto internazionale riconosce che la difesa deve essere proporzionata all’offesa. La storia dirà se l’obiettivo di distruggere Hamas ed Hezbollah, con migliaia di vittime innocenti, è raggiungibile e se l’Iran potrà essere indotto a riconoscere l’esistenza di Israele.
Un nuovo ordine mondiale sarà edificabile solo rimettendo al centro i principi sanciti dalla Carta dell’Onu, la tutela dei popoli e la prevenzione delle violenze armate. È urgente stabilire chi e come deve far rispettare la Carta, ora ridotta a macchietta e chiamata in causa a sproposito, piegata a interessi di parte. Non fu scritta con questo scopo ma da leader politici che dopo la Seconda guerra mondiale aspiravano a un altro mondo, non quello terribile nel quale viviamo.
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