Il prossimo 18 aprile sarà il 74° anniversario del primo accordo comunitario che archiviò per sempre le ostilità da cui ebbero origine le due guerre mondiali: nel 1951, infatti, nacque la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca); sei anni dopo, con il Trattato di Roma, nacque la Cee che sancì “la libertà di circolazione di beni, servizi, persone e capitali”.
Promotori e primi firmatari di entrambi i trattati furono Italia, Francia, Germania, Olanda, Belgio e Lussemburgo. Sarebbe, pertanto, utile ricordare che il nostro paese vanta una solida tradizione europeista di cui “ogni italiano dovrebbero esserne fiero”, come disse Jean Monnet, uno dei padri fondatori del progetto europeo.
Oggi, di contro, nei cieli d’Europa si avvertono refoli che recano il sapore bieco e sinistro di strani venti d’oltreoceano. L’avvento di Donald Trump alla presidenza Usa ha riportato alle cronache la necessità di una difesa comune dell’Europa che fu il nostro paese a caldeggiare per primo. Alcide de Gasperi, infatti, fu tra i principali promotori del “piano Pleven” e del Trattato istitutivo della Comunità europea di difesa (Ced) che fu concepito nel 1950, cioè, un anno prima della nascita della Ceca. Nello statista italiano vi era la chiara consapevolezza che una solida costruzione europea non avrebbe potuto fare a meno di un proprio sistema difensivo senza il quale qualunque percorso comunitario sarebbe stato inficiato da una perenne subalternità al nostro alleato americano.
Il “piano Pleven”, dal nome del ministro francese, prevedeva la creazione di forze armate comuni e l’istituzione di un ministro europeo della difesa responsabile davanti ad un’assemblea europea. Si trattava del primo passo verso la costituzione di un vero esercito europeo che, tuttavia, furono gli stessi francesi a boicottare nel timore di consentire alla Germania quel riarmo che rappresentava l’ossessione dei nazionalisti francesi. Pertanto, sconfessando l’operato del proprio ministro, il 30 agosto 1954 l’Assemblea Nazionale francese non esitò a bocciare il Ced vanificando, così, la nascita di un autonomo sistema difensivo in grado di integrarsi e coordinarsi con la Nato che era entrata in vigore il 24 agosto 1949. Conseguentemente, negli anni, il percorso comunitario ebbe a consolidarsi in campo commerciale fino al definitivo approdo alla moneta unica: di contro, sul terreno militare, l’adesione alla Nato consentì agli Stati europei di derubricare definitivamente il progetto di uno strumento difensivo complementare al Patto Atlantico.
Così è stato fino a ieri, cioè, fino all’arrivo di Donald Trump che rischia di infliggere il colpo di grazia agli ultimi scampoli di europeismo presenti nel Vecchio Continente. Inutile nasconderlo, oggi ci troviamo davanti ad una risacca, dagli esiti imprevedibili, che obbliga le nazioni europee a fare i conti con un alleato riottoso che, a giorni alterni, minaccia di defilarsi da un’alleanza militare ritenuta troppo costosa. In realtà, Trump finge di dimenticare che gli armamenti delle nazioni europee siano in larga parte di produzione americana e che, in fin dei conti, l’apporto Usa nel bilancio della Nato sia solo del 22 per cento. La verità è che siamo davanti ad un personaggio impulsivo e tracotante che, per la totale assenza di acume politico, risulta imprevedibile e non sottovalutabile. I continui attacchi all’Ue, sorta per “fregare gli americani”, mandano in estasi i sovranisti i quali si baloccano nell’illusione che il “trumpismo” possa essere il grimaldello per scardinare l’architettura europea (naturalmente, dopo averne carpito i denari del Pnrr: come dire, prendi i soldi e scappa..). Le forze populiste fingono di non capire che la guerra commerciale scatenata dal tycoon americano è destinata a colpire l’economia di tutti gli Stati benché la loro dabbenaggine induca a credere che i dazi americani rappresentino una misura punitiva solo per la Germania che si potrebbe neutralizzare stipulando accordi bilaterali (cioè impipandosene degli alleati). Inutile negarlo, siamo nelle paludi di un momento storico delicato e gravido di incognite. La partita tra autocrazie e democrazie è in corso su più versanti: culturale, militare, commerciale e informatico. In questo scontro, l’Europa si presenta come un fragile vaso di coccio, reso ancor più debole dalla solerte opera di logoramento delle forze sovraniste. Sicuramente ne vedremo delle belle. Come disse Kevin Spacey, interprete di Frank Underwood in “House of Cards”, “avete eletto un clown, ora aspettatevi un circo”.
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