Salvo D’Acquisto martire ed eroe

Salvo D’Acquisto, nato a Napoli il 15 ottobre 1920, primogenito di cinque figli, si arruola nell’Arma dei carabinieri a 18 anni e con l’entrata in guerra parte volontario nella Libia italiana, restando ferito a una gamba in uno scontro a fuoco dopo alcuni mesi.

Rientrato in Italia e superato il corso per la promozione a vicebrigadiere, viene destinato alla Stazione di Torre in Pietra, a una trentina di chilometri da Roma lungo la via Aurelia. È qui che alcuni tedeschi accasermati nella vicina Palidoro, ispezionando il 22 settembre 1943 delle casse di munizioni abbandonate, vengono investiti dall’esplosione di un ordigno: due muoiono e altri due restano feriti.

I tedeschi, scartata l’ipotesi dell’incidente, minacciano una rappresaglia nel caso in cui non siano individuati i responsabili dell’attentato. Rappresaglia che viene attuata la mattina dopo, il 23 settembre 1943.

Vengono, quindi, rastrellati nella zona 22 uomini, tra i quali diversi muratori, un cameriere, un netturbino, un ferroviere, un venditore ambulante, un fornaio. Tutti si dichiarano innocenti ma sono portati fuori dal paese e costretti a scavare per ore una grande fossa comune. Con loro è stato portato sul posto anche il carabiniere D’Acquisto, comandante pro tempore della caserma, il quale si accusa del presunto attentato, ottenendo in cambio che tutti gli altri abbiano salva la vita. Così, mentre gli altri vengono tutti liberati, Salvo D’Acquisto muore fucilato sotto il fuoco tedesco per ordine di un ufficiale nazista gridando “Viva l’Italia”, da eroe e da martire cristiano.

Tra i liberati vi è anche il giovane Angelo Amadio il quale poi dirà: «Ci eravamo già rassegnati al nostro destino, quando il sottufficiale parlamentò con un ufficiale tedesco a mezzo dell’interprete… dopo poco fummo tutti rilasciati».

Il giorno successivo, a una delle donne andata a recuperare il corpo, i tedeschi confessano ammirati: «Il vostro brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte».

Per il suo sacrificio D’Acquisto fu insignito di medaglia d’oro al valor militare. Dopo essere stato per alcuni decenni servo di Dio viene dichiarato, il 25 febbraio 2025, venerabile da Papa Francesco ed ora è in corso il processo di beatificazione. È sepolto in una cappella della Basilica di Santa Chiara a Napoli. Aveva detto: «Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte: Dio è con me e io non ho paura».

Ma il nome dell’ufficiale nazista che diede l’ordine di uccidere D’Acquisto non si conosce, perché non fu fatta alcuna indagine per identificarlo.

Il fascicolo che lo riguarda è composto di appena 14 pagine, nove delle quali sono testimonianze raccolte nel lontano 1945, il resto è la richiesta di archiviazione del Procuratore militare avanzata al gip e il conseguente decreto di archiviazione del medesimo giudice. Eppure pochi giorni dopo quella di D’Acquisto venne eseguita un’altra esecuzione attorno alla Torre di Palidoro.

Vennero giustiziati altri tre poveri cristiani con le stesse modalità: Renato Posata, Pietro Fumaroli, Giuseppe Canu. E sul loro fascicolo giudiziario questa volta c’è il nome dell’ufficiale nazista che li ha fatti fucilare: Hansel Feiten, tenente dei paracadutisti.

Si può ipotizzare che trattasi dello stesso ufficiale che ordinò l’esecuzione di D’Acquisto, ma la prova certa non esiste.

Questi fascicoli vennero archiviati provvisoriamente e rimasero custoditi in un armadio della Procura generale militare di Roma fino al 1994, quando vennero rinvenuti casualmente ed assegnati per competenza ai procuratori militari competenti.

Questi fatti sarebbero rimasti oscuri se un po’ di tempo fa Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati, non avesse deciso di togliere il segreto su tutte le carte e gli atti giudiziari di quel periodo, tra i quali anche il fascicolo di Salvo D’Acquisto.

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