Rifugi “plastic free”: le buone pratiche prendono quota

L’impegno dei “custodi della montagna” per diminuire i rifiuti è costante. «Questione di rispetto, i netturbini qui non arrivano, tutti devono ricordarlo»

Plastiche non riciclabili, levarle dalla montagna, anche in Valtellina. Il Cai, Club Alpino Italiano, nelle sue comunicazioni e nei suoi focus mette sempre più l’accento su una montagna da rendere il più possibile «plastic free».
Una tensione che chiama ad un impegno maggiore tutti e che è condivisa anche dai rifugisti, impegnati e delegati al presidio delle terre alte, imprenditori di frontiera aperti al turismo di massa in quota, che con rifiuti e differenziata combattono da sempre una battaglia difficile e onerosa.
In Valtellina l’orientamento alla riduzione di plastica, sia come materiale costruttivo, sia per gli oggetti di consumo monouso, è pienamente condiviso, gli operatori non mancano di spiegare continuamente e nei dettagli quello che si deve affrontare per assicurare buone pratiche sia per chi arriva nei rifugi, sia per chi li gestisce. «Contenerne il più possibile l’utilizzo - spiega Elisa Montani, presidente provinciale dei rifugisti all’interno della Unione Commercio, turismo e servizi di Sondrio - è ovviamente la nostra prima preoccupazione. La plastica è sempre di più un inquinante, un materiale che si deve smaltire, siamo noi ad andare a raccoglierla, a gestirla come rifiuto differenziato. Noi siamo un po’ le persone che curano la montagna e siamo noi a portare a valle quanto non si può smaltire qui, il nero, che deve essere il più ridotto possibile, la plastica». «Per quanto riguarda le stoviglie - prosegue - anche personalmente, nel rifugio che conduco, la mia scelta e la mia attenzione relativamente al nostro servizio, va all’uso della ceramica, che si può riutilizzare lavandola bene. Ci possiamo definire un po’ i tutori degli ambienti in quota e tocca a noi dare per primi il buon esempio. Siamo noi che ci occupiamo dello smaltimento, dai rifugi e dalle vette, fino ai cassonetti e alle aree ecologiche».
Va spiegato che chi gestisce un rifugio in quota, non raggiungibile dalla strada, per spostare scarti e rifiuti deve usare l’elicottero, noleggiarlo. «Chi ha un rifugio più in basso, ed è il mio caso - afferma poi la dirigente di categoria - i rifiuti li conferisce pian piano durante la stagione, approfittando dei viaggi che si fanno verso il fondovalle». Quindi, se uno va in rifugio e lascia lì il sacchettino del pic nic con gli scarti, invece che riporlo nello zaino e portarselo a casa, va a gravare sui complessi costi di smaltimento dei quali si deve fare carico il rifugista. «C’è caso e caso - precisa Elisa - se il cliente viene e chiede e consuma una bibita, lo smaltimento di quella bibita è pagato dal rifugio, nel costo si considera anche una piccolissima percentuale relativa al conferimento. Altra cosa - chiarisce - è il sacchettino della merenda. C’è chi arriva in rifugio, anche nei rifugi alti e si porta da mangiare al sacco, poi lascia tutto nel cestino di servizio. È una mancanza di rispetto. E qui converrebbe capire che di addetti ecologici non ne abbiamo, non ci sarà mai un netturbino che verrà alle nostre quote a spazzare, ciò che resta in giro, o che viene sbrigativamente lasciato agli operatori dei rifugi dopo aver fatto i pic nic, dovrà essere recuperato, stoccato, spesso in ambienti adibiti a questo, andando ad occupare spazio, quindi trasportato a valle, da chi in alta montagna lavora e offre servizi. E sarebbe bello che ce lo si ricordasse».
«Sulla plastica - dice anche - siamo anche costretti, come tanti altri, in montagna come in pianura, a considerare qualche eccezione. Noi non usiamo bicchieri, stoviglie di plastica, la clientela anche in quota è esigente e a noi tocca offrire un servizio sempre eccellente. Se il cliente vuole la lattina, o la bottiglietta non si è così radicali da non somministrarla. La logica trova sempre le giuste misure e inoltre, il giusto conferimento, attraverso una raccolta e uno smaltimento differenziato fatto bene garantisce che la plastica, almeno la nostra, quella che si usa qui, non inquini e trovi le vie di riutilizzo indicate dalle moderne gestioni ecologiche. L’inquinamento è una questione seria, e serve rispetto, la montagna è un contesto in cui l’ambiente è un po’ il cuore di tutto, non siamo in un giardino urbano, la preoccupazione per ognuno dovrebbe essere conservare questi luoghi come meritano di essere visti, trovati, preservati».

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