Politica, c’era una volta il centro

Verrebbe da dire: “Ciao centro, mandace una cartolina”. Per anni ci siamo riempiti la bocca sul centro politico, il luogo della moderazione del buon governo, dell’equilibrio. Qualcosa che mai più senza, anche dopo la scomparsa della sempre più rimpianta Democrazia Cristiana che quello spazio con la sua mole da Balena Bianca l’aveva occupato tutto per decenni. Eppure anche dopo la fine dello scudocrociato abbiamo creduto che saremmo comunque morti democristiani. Almeno fino a oggi. Perché il centro non c’è più. Ce lo hanno detto le elezioni europee in Italia, segnate da una forte polarizzazione destra e sinistra (se volessimo metterci prima la parola centro, davvero occorrerebbe il trattino). Ma la stessa cosa è avvenuta in Francia, alle politiche anticipate volute dal presidente Macron dopo l’affermazione del movimento lepennista nel voto per Bruxelles e Strasburgo.

Anche qui il centro liberale, rappresentato dallo stesso inquilino dell’Eliseo è finito schiacciato tra la destra di Rassemblement national e la sinistra di Melenchon. Certo, magari potrà influire al ballottaggio, ma tutt’al più come diga contro Le Pen e Bardella. In Italia la situazione è addirittura peggiore per i cultori del “bel tempo andato” con il centro che aveva garantito la governabilità del Paese senza pericolosi scossoni nell’epoca della Guerra Fredda.

Il Terzo Polo creato e poi distrutto da Renzi e Calenda con grandi velleità non ha neppure ballato una sola estate: mai pervenuto, sia con i dioscuri uniti sia divisi. Sarà forse colpa dello scarso appeal dei protagonisti che pure, al di là dell’ego smisurato, sono politici di vaglia, ma la realtà è che la polarizzazione della politica forse rispecchia quella di una società in cui il grigio è scomparso e sono rimasti il bianco e il nero. Una tendenza in cui certo i social svolgono un ruolo non secondario.

I “post” inducono a prese di posizioni nette, altrimenti, si immagina che nessuno li leggerebbe. E probabilmente, alla lunga, questo aspetto è stato metabolizzato. La politica forse dovrebbe interrogarsi e pensare a come governare e correggere il fenomeno. Invece l’impressione è che lo cavalchi. Un po’ perché andare dietro all’onda è sempre la cosa più facile, ma è anche un modo di costruirsi un’identità chiara. Favorite in questo senso sono le forze di opposizione, perché il governo tende sempre a essere un luogo di mediazione e quindi centripeto, anche quando comprende forze come Fratelli d’Italia o Lega che, dall’altra parte della barricata potevano permettersi di essere più tranchant. In questo senso, alla luce degli ultimi esiti elettorali e dei sondaggi, Giorgia Meloni sembra essere più abile di Matteo Salvini.

Dall’altra parte, va dato atto a Elly Schlein di aver fiutato bene l’aria e collocato il Pd più a sinistra, anche per erodere il consenso dei Cinque Stelle. Certo la polarizzazione e il nuovo Fronte Popolare nato in Francia contro Le Pen, trascinano anche l’opposizione nostrana in quella direzione. E già vi sono alcuni segnali. La “riserva indiana” centrista, da noi, è rappresentata dalla Forza Italia di Tajani, risultata impermeabile ai tentativi di scalata. E non è una contraddizione rispetto a quanto sta accadendo, bensì rappresenta l’unico modo per restare in qualche modo a galla, con il limite però di una crescita che sarà giocoforza limitata e anche messa a repentaglio da eventuali evoluzioni politiche di leadership di qualche alleato.

Di sicuro oggi c’è molta meno certezza dell’eventualità di “morire democristiani”.

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