
Forse dovremmo cominciare a preoccuparci. Oggi la Groenlandia e il Canale di Panama, domani il Canada e Gaza, magari dopodomani, perché no?, l’Italia. Rincorrere la sequenza delle mosse apparentemente balorde di Donald Trump e della sua improbabile banda post-atlantista è impresa sempre più difficile, soprattutto se si pretende di riscontrarvi una logica.
Però, volendo, un punto in comune lo si trova: un’avidità di possesso, un desiderio di arraffare le cose degli altri attraverso “negoziati” condotti da un’arrogante posizione di forza. Con Trump tutto ha un prezzo e nulla ha una morale, contano solo il denaro e il potere, e mai come oggi queste regole brutali vengono ostentate senza ritegno anche nei confronti di quelli che (sempre più in teoria, e sempre meno in pratica) dovrebbero essere gli alleati degli Stati Uniti d’America.
In politica estera, l’ammirazione di Trump nei confronti dei suoi pari che usano modalità autocratiche e vari livelli di prepotenza si manifesta in un ritorno (fin qui solo a parole) dell’espansionismo americano. Nessun presidente Usa si era mai permesso di definire l’indipendenza del suo più grande vicino un errore storico cui porre rimedio trasformando il Canada nel cinquantunesimo Stato dell’Unione (un ipotetico Stato che da solo sarebbe più vasto degli interi States attuali, ma questo forse Trump nemmeno lo sa), o di annunciare l’intenzione di occupare la Striscia di Gaza per trasformarla in una Montecarlo mediorientale dopo averne scacciato gli abitanti. E nemmeno di minacciare il recupero “manu militari” del Canale di Panama il cui controllo è stato ceduto decenni or sono con un trattato a uno Stato sovrano – Panama, appunto.
Il caso della Groenlandia, però, rimane il più incredibile. La gigantesca isola artica, in massima parte coperta da ghiacci perenni, è vista dagli occhi rapaci del presidente-tycoon come uno scrigno di tesori naturali da arraffare con la scusa di proteggere la sicurezza di un Occidente di cui in realtà poco o nulla gli importa. Trump aveva chiesto con rozza insistenza già nel corso del suo primo mandato presidenziale alla Danimarca, da cui la Groenlandia dipende, di venderla agli Stati Uniti. Ora che è tornato alla Casa Bianca, ha cambiato toni: pretende, semplicemente, che passi sotto sovranità americana “in un modo o nell’altro”. Ne ha fin qui ricavato netti rifiuti sia dai danesi che dagli orgogliosi quattro gatti groenlandesi, che hanno appena votato per un percorso verso l’indipendenza da Copenaghen e che di diventare americani non ne vogliono sapere.
L’altro giorno il vicepresidente JD Vance, che ideologicamente è la vera anima nera del trumpismo, ha deciso di mandare sua moglie Usha, insieme con il consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz, in visita in Groenlandia, ricavandone la chiara risposta che questa visita non è gradita. Il che non può stupire: Vance aveva appena dichiarato in piena scioltezza che “la Danimarca si sta comportando come un cattivo alleato” e che quindi le mire del presidente sulla Groenlandia erano cosa buona e giusta. Ma c’è di più. Una frase che, recentemente pronunciata da Donald Trump, avrebbe meritato l’attenzione che non ha ricevuto. Parlando in tono sprezzante del dominio danese sull’isola artica, il presidente Usa ha detto che “il fatto che una loro barca sia sbarcata laggiù 200 anni fa non determina un diritto. Abbiamo lì un paio di basi e abbiamo dei soldati, forse ne manderemo molti altri…”.
Questo è Donald Trump, e questa è la considerazione che ha dei suoi alleati europei e della Nato, come la piccola Danimarca con cui si compiace di fare la voce grossa. Riflettiamoci. Domani potrebbe accadere a chiunque altro. Il Portogallo o la Grecia si comportano da cattivi alleati? La Casa Bianca potrà ordinare di annettere le Azzorre o Creta, dove già sono presenti “un paio di basi e dei soldati”. E lo stesso potrà valere per l’Italia, se continuasse a infastidire il presidente affarista con dazi e contro-dazi. Una bella bandiera a stelle e strisce piantata a Capri o in Costa Smeralda, siti ideali per costruire delle belle Trump Towers nuove di zecca. E magari, perché no… un esproprio della villa sul lago di Como di quel fastidioso “attore di serie B” di George Clooney, che si è appena permesso di criticarlo. Una piccola enclave Usa a Laglio, why not?
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