Bisogna sempre diffidare delle norme pensate più per alimentare il cinguettio (e l’ego) dei politici su twitter, piuttosto che per riempire un vuoto legislativo. Perché trasformano le migliori intenzioni in risultati pessimi, che finiscono per ricadere sulla testa di tutti i cittadini. Basterebbe ad esempio una lettura attenta della nuova norma sull’omicidio stradale, che entrerà in vigore a giorni subito dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, per zittire i tweet di giubilo che hanno accolto i nuovi articoli del Codice Penale, le cui conseguenze potrebbero essere devastanti ben oltre
le previsioni del Parlamento. Sia ben chiaro un inasprimento delle pene per tutti quei comportamenti criminali alla guida - due su tutti: mettersi al volante ubriachi e fuggire dopo aver causato un incidente- serviva sia come deterrente che come correttivo a pene talvolta eccessivamente leggere. Il fatto è che i nostri politici si sono fatti prendere la mano finendo per alzare sulle teste di chiunque abbia una patente una vera e propria spada di damocle.
Il problema principale della nuova legge riguarda non tanto - o, comunque, non solo - l’inasprimento delle eventuali condanne per omicidio e lesione stradale, quanto le cosiddette pene accessorie. E qui serve un esempio per far comprendere il problema.
Ipotizzate di essere in auto e di viaggiare a 70 km all’ora su una strada con limite 50. Davanti a voi un’altra auto si mette a sorpassare nonostante la linea continua e vi piomba addosso. Il conducente dell’auto che ha compiuto la manovra spericolata finisce all’ospedale con una prognosi superiore ai 40 giorni (basta la frattura di un polso). L’inchiesta conseguente all’incidente punta sì il dito sulla manovra spericolata assegnando a questa la maggior parte della colpa, ma segnala pure la vostra eccessiva velocità giudicandola comunque una concausa, ancorché minore, del sinistro. Voi siete costretti a patteggiare una pena a pochi mesi con la condizionale (la nuova legge prevede espressamente, in caso di concorso di colpa, la diminuzione della pena fino alla metà). E automaticamente, in virtù della nuova legge, dovrete dire addio alla vostra patente per almeno cinque anni, terminati i quali sarete costretti a ridare l’esame di guida per riaverla.
Ipotizziamo ora un caso più grave: in quell’incidente l’automobilista sull’altra auto muore. L’inchiesta conclude, anche in questo caso, per una responsabilità quasi totale della vittima, ma vi contesta comunque un minimo concorso di colpa costringendovi - anche in questo caso - a patteggiare la pena per omicidio stradale. Niente carcere, neppure in questo caso, ma il vostro patteggiamento comporterà automaticamente e obbligatoriamente la revoca della patente per (tenetevi forti) 15 anni! Tradotto, grazie agli automatismi introdotti dalla nuova norma sull’omicidio stradale potreste di fatto non poter guidare più un’auto anche se la vostra responsabilità nell’incidente risultasse minima.
Ovviamente non si può buttar via anche il bimbo assieme all’acqua sporca e quindi l’inasprimento delle pene (così come l’arresto in caso di fuga o di omicidio stradale sotto l’effetto di alcol) per i comportamenti più gravi suona come un provvedimento giustificato. Ma una così clamorosa sproporzione tra delitto e castigo (sproporzione che finirà per riguardare la stragrande maggioranza degli incidenti con lesioni e anche mortali) negli incidenti caratterizzati da colpe minime, non può che essere frutto della volontà non già di offrire all’Italia una legge sacrosanta, ma di poter soffiare sul fuoco di un populismo buono soltanto per i prossimi slogan elettorali.
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