Il dibattito pubblico sull’immigrazione è viziato da ideologie, pregiudizi negativi o positivi e scarsa conoscenza della realtà, che chiama in causa diversi fattori, soprattutto internazionali. Non solo in Italia: è un tema “sensibile”, sul quale i governi si giocano parte dei consensi. Leggi e decisioni andrebbero invece valutate avendo come criterio la loro efficacia e realizzabilità, se non si vogliono chiamare in causa principi umanitari e il diritto che pure dovrebbero essere almeno considerati: i migranti sono persone, anche gli illegali che vengono etichettati da una parte dell’opinione pubblica tutti come autori di crimini. Eppure la Costituzione italiana all’articolo 27 afferma che «l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva». Se vale per l’imputato, tanto più per un’intera categoria di persone non ancora approdata sulle nostre coste.
La nave “Libra” della Marina militare italiana, ha trasportato in Albania il primo gruppo di immigrati (sono bengalesi ed egiziani) destinati a permanere nei nuovi centri allestiti su iniziativa di Palazzo Chigi. Le strutture principali sono tre. La prima è un “hotspot” un centro per lo sbarco e l’identificazione, sulla costa a Shengjin. A Gjader, nell’entroterra rurale, invece sono stati costruiti un centro di prima accoglienza per richiedenti asilo, da 880 posti, e uno di permanenza e rimpatrio da 144.
Le tre strutture saranno gestite dalle autorità italiane e l’Albania non ha sostenuto alcun costo per la costruzione (ammonta a 65 milioni di euro). Sono state realizzate nuove reti idriche, elettriche e fognarie, rifatte strade. Il protocollo operativo prevede che i migranti soccorsi nel Mediterraneo in acque internazionali dalla Guardia Costiera, dalla Guardia di Finanza o dalla Marina militare italiane, ma non dalle imbarcazioni umanitarie delle ong, siano trasferiti su una nave della nostra Marina: le donne, i bambini, le famiglie e le persone con evidenti fragilità saranno portate a Lampedusa e immesse nel circuito di accoglienza.Gli uomini adulti invece, solo se provenienti da Paesi considerati “sicuri”, andranno in Albania senza passare dall’Italia.
Le procedure relative all’autorizzazione della detenzione amministrativa e all’esame delle domande di protezione internazionale devono essere svolte dalle nostre autorità. Secondo il decreto Cutro, approvato nel maggio 2023, l’esame delle domande deve seguire una procedura accelerata che può durare al massimo 28 giorni. Nel frattempo i migranti possono essere trattenuti in stato di detenzione amministrativa in centri come quelli costruiti in Albania. Ci sono obiezioni importanti che non possono essere eluse. Il numero dei posti nei centri realizzati nel “Paese delle Aquile” è esiguo, soprattutto in proporzione ai costi che gravano sull’Italia. Un dato tale da sollevare un dubbio: si tratta di un’operazione di facciata, simbolica, per dimostrare che il governo intende «difendere i confini italiani e fermare la tratta di esseri umani, attraverso azioni concrete e accordi internazionali» come ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che da oltre due anni guida Palazzo Chigi. Non si hanno notizie però di risultati rilevanti contro la tratta di esseri umani.
Un secondo nodo riguarda invece la definizione di Paesi sicuri, attribuita dall’Esecutivo italiano in modo arbitrario, anche a Paesi nei quali le violazioni sono note e sistematiche. Fra i quali è inserita la Tunisia, dove migranti irregolari vengono deportati nel deserto libico, lasciati senza acqua né viveri. È questo uno Stato sicuro? Secondo una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, la distinzione italiana infatti non regge: i Paesi o sono interamente sicuri oppure non possono rientrare nella definizione che viene applicata arbitrariamente. È poi inverosimile che tutte le domande di asilo possano essere esaminate entro 28 giorni, soprattutto nel periodo estivo, quando i flussi migratori diventano più intensi, anche perché manca il personale adeguato per dirimere le pratiche nel tempo indicato. In caso di rifiuto della domanda, i migranti dovrebbero essere rimpatriati, ma non è chiaro come questo succederà: non si sa per esempio se potranno partire direttamente dall’Albania o se prima dovranno tornare in Italia. Il meccanismo dei rimpatri è poco efficiente, costoso (5mila euro a immigrato) e richiede accordi di riammissione con gli Stati di provenienza delle persone (attualmente sono 14 quelli in essere). Nonostante le promesse della maggioranza di governo nella campagna elettorale del 2022, solo 4mila migranti irregolari sono stati rimpatriati nel 2023, rispetto ai 157mila sbarcati, il 60% dei quali poi raggiunge peraltro altri Stati illegalmente, soprattutto Francia e Germania. Se non si parte da questi numeri, realtà oscurata nel dibattito pubblico, il rischio di iniziative spot diventa concreto. Diceva Alexis de Tocqueville: «La democrazia è il potere di un popolo informato».
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