Manovra e autonomia: Governo in tensione

Più si avvicina, più la manovra di bilancio diventa il catalizzatore delle tensioni sia nella maggioranza che nei rapporti tra governo e opposizione. Ma se quest’ultimo aspetto attiene alla fisiologia dei rapporti politici e tende a ripetere copioni sempre uguali (solo a parti invertite), quel che colpisce in queste ultime settimane è quanto sta accadendo nel centrodestra.

A farne le spese è soprattutto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, il garbato bocconiano che molti avrebbero voluto vedere come antagonista di Salvini che invece bada bene a rinserrarsi in un ruolo tecnico per il quale peraltro può vantare sufficienti titoli personali. Il problema è che Giorgetti deve mettere insieme una manovra che rispetti le promesse elettorali con soldi che non ci sono, con un deficit che non si può allargare (se non con un ardito escamotage contabile) e soprattutto con alle spalle un meccanismo europeo che è tornato ad essere parente stretto dell’odiatissimo vecchio Patto di Stabilità rimesso in pista dopo la parentesi del Covid con meccanismi solo un po’ meno stringenti. Il risultato è che Giorgetti continua a fare annunci sui «sacrifici per tutti» che ogni volta gli provocano l’alzata di scudi di tutti i suoi alleati e persino di Giorgia Meloni.  

È successo sia con l’aumento delle accise - poi corretto in “allineamento”- sia con le maggiori rendite catastali per chi abbia usufruito del superbonus - successivamente definito una normale routine già prevista dalle norme e non una vendetta per chi si sia giovato del 110% frutto del governo Conte. Sta di fatto che il messaggio implicito uscito dal ministero dell’Economia è stato: “Dobbiamo aumentare le tasse”.

E questo ha fatto scattare un’inviperita Meloni che ha diffuso un video ( dove solo a malapena si riusciva a mascherare l’arrabbiatura) in cui se l’è sì presa con le opposizioni («Sono i loro governi che aumentano le tasse»), ma in realtà lanciava un messaggio in forma di siluro nei confronti del suo ministro dell’Economia, ricordandogli con piglio e freddezza che il motto del governo è: «Noi non siamo il governo delle tasse». Ma questo non è bastato a calmare le acque nella maggioranza: Forza Italia infatti non ha preso per buona la rassicurazione sulle rendite catastali - come è noto un vecchio tabù del centrodestra, se lo ricorda bene Mario Draghi che avrebbe voluto rivederle - ed ha promesso un’occhiuta sorveglianza «situazione per situazione» sugli eventuali aumenti che dovessero dipendere dal miglioramento delle condizioni di uno stabile ristrutturato. Forza Italia da tempo è sul piede di guerra e non perde occasione per rintuzzare il suo alleato leghista: non sta in guardia soltanto sulla manovra e le tasse, ma lo ha fatto con lo ius scholae, con le nomine della Rai che non sono ancora definite fino in fondo, con le alleanze internazionali, e con mille altre questioni che tengono sulle spine Salvini: a questo proposito è destinata ad esplodere di nuovo la questione della riforma dell’Autonomia differenziata.

Fallito per il momento il blitz per portare alla Corte Costituzionale il consigliere giuridico della Meloni, è scontato che la legge Calderoli passerà al vaglio della Consulta e poi andrà a referendum. Agli azzurri quella legge non piace per nulla: Tajani si è rifiutato di concedere alle Regioni le sue competenze di rapporti internazionali e di commercio con l’estero, e non passa giorno senza che un governatore azzurro del Sud (Occhiuto, Schifani, Bardi) non spari a zero contro le richieste delle Regioni del Nord. Senza contare che la vecchia anima missina di Fratelli d’Italia è per natura contraria allo spezzettamento delle competenze nazionali. «La Protezione civile è compito del governo, non si tocca», ha detto da ultimo il ministro competente Nello Musumeci, proconsole meloniano in Sicilia.

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