Il campo è largo, ma lo spazio è ristretto. Non è un gioco di parole. È la realtà che si presenta come un ossimoro. La coalizione inseguita da Elly Schlein s’è infoltita di nuove presenze (Italia Viva) e s’è accaparrata il definitivo (sembra) posizionamento tra i progressisti del partito di Giuseppe Conte. Adesso il campo largo è pressoché al completo.
Manca solo Carlo Calenda, ma è probabile che sia solo questione di tempo. Con il 2 % che si ritrova non può certo presentarsi da solo alle politiche. Il problema di Schlein è che tutti i partner della coalizione in fieri, a parte il peso leggero (2%) di Matteo Renzi, si affollano nello stesso spazio ristretto della sinistra-sinistra. La qual cosa provoca due danni. Da una parte lascia scoperto lo spazio dei moderati, senza i quali mai il polo progressista è riuscito a conquistare la maggioranza. Dall’altra, la convivenza in uno spazio ristretto esacerba la concorrenza, con il risultato che diventa assai difficile saldare l’unità della coalizione.
Il contrario di quel che fa la destra. Quest’ultima marcia divisa ma si presenta unita al voto. La sinistra, al contrario, come al solito, promette unità, ma alla prova di governo (vedi il Prodi I e II) collassa per dissidi interni. Quel che fa la differenza è che nello schieramento conservatore funziona una sorta di divisione dei compiti, per cui Forza Italia si cura dei moderati, Fratelli d’Italia si presenta come garante della governabilità e la Lega occupa lo spazio della destra-destra. Anche nel polo conservatore affiorano ovviamente frizioni. Ci si pesta i piedi, ma non troppo. Le ragioni - e le convenienze - dello stare insieme superano di gran lunga (sino ad oggi, almeno) le ragioni di una rottura.
È questa divisione del lavoro che manca nel campo progressista. Non ci si sgomita più di tanto fra il Pd e l’Avs. La loro è in fondo la solita bega in famiglia. Sono pur sempre due sinistre, solo diverse per radicalità. Una persistente conflittualità cova invece fra il partito di Schlein e quello di Conte. L’avvocato di Volturara Appula ne inventa una ogni giorno pur di marcare le distanze dal Pd, senza troppo riguardo della coerenza delle sue uscite. Si schiera a Strasburgo con la Sinistra (la «Left») che più sinistra non c’è e in Italia giura che non è di sinistra. Si dice progressista, ma tra il progressista Joe Biden e l’ultra conservatore Donald Trump non se l’è sentita di scegliere. Assicura di essere filo occidentale e censura gli aiuti all’Ucraina.Di più, si presenta come alfiere della pace e occhieggia a Vladimir Putin che pure si è reso responsabile dell’aggressione ad uno Stato indipendente e sovrano, violandone l’integrità. Ha votato contro la Commissione europea di Ursula von der Leyen e mostra simpatia per il «rossobrunissimo» della tedesca Sahra Wagenknecht, fatto di lotta agli immigrati e di resa alla Russia. Propone di reintrodurre il reddito di cittadinanza e solidarizza con il leader della Cgil Maurizio Landini che invita alla «rivolta sociale». Il tutto, per differenziarsi e mettere in difficoltà il Pd. Parafrasando Shakespeare, potremmo di re: c’è della ruggine nel campo largo.
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