Lo slogan per la città? Botte di Natale

Non so se durante il periodo natalizio gli addetti ai palinsesti delle reti nazionali vadano in ferie o semplicemente perdano improvvisamente qualunque verve, già rivolti con il pensiero alla trippa e alla crema al mascarpone. Sta di fatto che, a partire dal ponte dell’Immacolata, la programmazione televisiva nazionale ritorna improvvisamente agli anni Ottanta e Novanta, con un profluvio di poltrone per due, Fantaghirò, vacanze di Natale (da Cortina ai tropici) e con le bonarie scazzottate di quell’epilogo un po’ sbiadito del duo Spencer-Hill, “Botte di Natale”. Ecco, proprio imbattendomi in qualche scenetta della pellicola western, ho avuto l’illuminazione (profana, ovviamente).

Quale miglior slogan anche per la nostra città del suddetto botte di Natale? In effetti, alle sempre sublimi luminarie del centro si aggiunge l’ormai canonica nota di folklore delle baruffe e delle risse in centro.

L’ultimo caso tra quelli registrati recentemente, è stato il fatto del presunto balordo che si è divertito, si fa per dire, a rovesciare bidoni, sacchi di rifiuti e motociclette. Qualche tempo prima era toccato alla bottigliata proditoria in piazza Diaz e al giovane scaraventato sul selciato come un sacco di patate. E non sono pochi i conoscenti che ormai mi confessano di uscire in strada con un certo senso di timore (per non dire terrore in qualche caso) da via Cavour a Piazza Affari fino a viale Turati.

Lo ribadisco, a costo di apparire il conservatore che non sono e mai sono stato: quelli sopra elencati sono comportamenti che un tempo, e in qualche piccola comunità che tutto sommato rimpiango, sarebbero stati risolti all’istante con la giusta dose di pedate nel didietro.

E invece no. A quanto pare il Pd lecchese ha tutt’altra idea su quella che è ormai una micro-delinquenza (o una macro inciviltà, vedete un po’ voi) che proibisce perfino al più palestrato dei lecchesi di girare serenamente per le vie del centro al calar del sole.

Leggo infatti la convocazione di un incontro pubblico domani sera con ospite l’ex capo del Sisde Franco Gabrielli. Tutto bene, se non fosse che la retorica dei dem locali si spinge a un gioco di parole che mi fa rizzare i capelli in testa. Lecco Si-cura. Non sicura (auspicio forse troppo impegnativo per i ragazzi di casa Schlein), ma “si” staccato “cura”. E in calce al manifesto, tanto per chiarire che per loro non è un problema di spaccio, hashish e compagnia bella, ma giusto di qualche giovanotto un po’ troppo estroverso: “Sicurezza, prevenzione, coesione sociale”.

Al che non ho potuto fare a meno di domandarmi se Gabrielli - che si è trovato a indagare su eversione nera, mafia, Nuove brigate rosse e terrorismo islamico - sia ben lieto di trovarsi catapultato in una serata che scambia la sicurezza con la psicologia spicciola e il caso concreto e reale con le grandi narrazioni sociologiche del nostro tempo.

Francamente mi sembra fin troppo facile dire che è il mondo che sta cambiando, che i ragazzi in questione sono solo “giovanotti che sbagliano” (non vi ricorda un vecchio leitmotiv anni Settanta?).

La coesione sociale è un valore, e su questo non ci piove ovviamente. Ammesso e non concesso però che si sia in due a volerla, come nei rapporti di coppia. Altrimenti si finisce solo per essere cornuti e mazziati. E, purtroppo, questo non è un film dei Vanzina.

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