Addio all’impero russo dell’energia in Europa: mesto è stato il suo tramonto. Sabato 16 novembre la monopolista Gazprom ha tagliato per un contrasto finanziario gli approvvigionamenti di gas all’austriaca OMV, una delle sue ultime clienti in Ue. Nell’epoca d’oro la Gazprom era arrivata a fornire oltre il 40% del fabbisogno di metano del Vecchio continente.
Nei libri di storia entra - allo stesso tempo - quello che, per decenni, era stato un sottaciuto “Piano Marshall” occidentale per la Russia post sovietica; “Piano” che aveva volutamente determinato una rilevante dipendenza energetica (gas e petrolio) europea dai russi.
Il brusco cambiamento di rotta ha una data certa, il 24 febbraio 2022, giorno dell’inizio della cosiddetta “Operazione militare speciale” in Ucraina. Già nel 2023 la monopolista russa era stata costretta a tagliare la propria produzione di gas ai livelli del 1990 e le sue vendite all’estero erano state le più basse dal 1985. L’export con l’Europa è oggi tornato ai livelli di fine anni Settanta.
Ma Putin non doveva far congelare gli europei? Questo asserivano – morendo dal ridere nei talk show - alcuni propagandisti delle tivù federali, ricordando le due “guerre del gas” del 2006 e del 2009. Allora Mosca e Kiev si erano fronteggiate non con le armi, bensì chiudendo i rubinetti delle pipeline e lasciando il Vecchio continente al freddo in pieno inverno.
Come pontificavano nostri saccenti studiosi di geopolitica, dopo il febbraio 2022 il gas russo – in precedenza diretto ad Ovest - non sarebbe dovuto finire facilmente agli ingordi (di energia) cinesi?
Peccato che – ma lo sapevano solo i veri specialisti - le condotte attraverso la remota Siberia devono essere ancora costruite e Xi Jinping non ha intenzione né di investirci un solo yuan né di pagare per le forniture il prezzo richiesto dalla Gazprom.
Appunto, la Gazprom! Quest’anno la monopolista del gas – la società un tempo considerata dalla “uova d’oro” - è addirittura uscita dalla classifica delle prime 100 compagnie russe a fare profitti!
Una domanda: ma chi pagherà in Russia il prezzo di certe avventate mosse strategiche?
Gli europei hanno cambiato per il gas fornitori, spendendo di più, ma liberandosi da un abbraccio ormai scomodo. Per l’LNG (il gas liquefatto) russo hanno definito pesanti limiti e divieti. Per il petrolio, sempre di Mosca, hanno imposto un tetto massimo di prezzo e stringenti limitazioni.
Il “Piano Marshall” sottaciuto serviva per garantire alla Russia fondi per ricostruire il Paese dopo il comunismo e per il passaggio ad una piena democrazia.
Al Cremlino non hanno capito che, a parte il profitto, nel mondo capitalista esistono anche la concezione del fare affari con chi si ha piacere e l’esistenza di linee rosse invalicabili.
Un ultimo particolare sorprendente. All’Austria il gas arrivava attraverso l’ultima condotta aperta passante per l’Ucraina. Ma come? Il gas russo passa ancora di lì? La risposta è sì. Quella condotta chiuderà, comunque, i battenti a fine anno per volere di Kiev dopo quasi tre anni di conflitto.
Cosa farà allora con gli approvvigionamenti di gas la Slovacchia, ancora vicina al Cremlino? Non si sa. L’Ungheria di Orban riceve, invece, il gas della Gazprom via Turchia.
Per alcuni esperti occidentali adesso Putin non potrà più usare l’energia come arma. E infatti Mosca ha deciso di chiudere i rubinetti a Vienna (che ha nuovi fornitori) non appena la compagine degli estremisti di destra – il Partito della Libertà (FLO) - è stata esclusa da una futura coalizione di governo.
Certe armi ormai appartengono al passato!
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