Le sfide asiatiche nel mondo che cambia

Shigeru Ishiba l’ha combinata grossa: il suo partito, il liberal-democratico (Ldp), al potere a Tokyo dal 1955 (a parte tre anni di intervallo dopo le disastrose elezioni del 2009), ha perso la maggioranza dei seggi in Parlamento, ottenendo il peggior risultato da 15 anni a questa parte.

Anche il Giappone entra così nel club dei Paesi democratici ad instabilità politica. Una situazione del genere era la peggiore auspicabile per le cancellerie occidentali, poiché le sfide geopolitiche in Asia non permettono distrazioni. L’invio di 10-12mila militari della Corea del Nord in Russia per combattere contro gli ucraini e le continue esercitazioni cinesi davanti a Taiwan impongono di tenere la guardia ben alta. E poi il vincitore delle presidenziali Usa - Trump o Harris - cambierà linea nella politica regionale di Washington?

Diventato primo ministro da poco più di un mese, Ishiba ha indetto a sorpresa elezioni anticipate sull’onda degli scandali che avevano travolto il suo partito. Pensava di usare le urne come si fa con un bancomat, ma gli elettori l’hanno punito. I giapponesi sono irritati dal costo della vita diventato troppo alto e appunto dagli scandali che avevano costretto il precedente premier Fumio Kishida ad uscire di scena. A parole Ishiba aveva promesso un nuovo corso per «proteggere le regole» (come è nella tradizione conservatrice del Paese del Sol Levante) e per rivitalizzare economicamente la classe lavoratrice. Ma i suoi primi atti - la scelta del nuovo governo con solo 4 ministri più giovani di 60 anni e due donne - gli avevano garantito un tasso di disapprovazione del 30%. Quindi niente “luna di miele”. A nulla sono poi valsi gli oltre 84mila chilometri percorsi da Ishiba per sostenere i candidati di Ldp in tutto l’arcipelago. Adesso che a Tokyo la frittata è fatta e ci sono solo 30 giorni per formare una coalizione parlamentare.

Ma non sarà facile. Facendo un raffronto con la politica britannica, Ishiba ha avuto la stessa leggerezza di David Cameron quando indisse il referendum sulla Brexit nel 2016, anticipando le elezioni, e rischia di ottenere lo stesso anti record di Liz Truss per longevità come primo ministro. La speranza è che, però, la brutta scivolata di Ishiba non abbia sulla terza economia del pianeta le stesse conseguenze della Brexit sul Regno Unito. Altrimenti sarebbero dolori per l’intero G7.

La lezione, che dovrebbero trarre i politici dai fatti nipponici è che il mondo è cambiato. Persino gli ultra-tradizionalisti elettori giapponesi se ne sono infischiati della stabilità davanti ad una situazione economica e morale intollerabile. Le élite di potere sono avvertite: serve selezionare meglio la classe dirigente ed escogitare ricette più adatte ai cicli economici in costante mutamento. Dove va, in conclusione, il Giappone? Il suo corso filo occidentale non cambia. In queste settimane l’opinione pubblica discuteva della creazione di una «Nato asiatica». E diversamente non potrebbe essere per rispondere alla rivale Cina che spinge per apportare modifiche al sistema internazionale e ai lanci sopra alle teste dei nipponici di missili - recentemente anche ipersonici, la collaborazione con i russi sta già dando i suoi frutti- da parte dei nord coreani.

Il Giappone e soprattutto la Corea del Sud sono destinati ad essere decisivi nella sfida geopolitica lanciata all’Occidente. In ultimo, il ritorno alla stabilità politica a Tokyo è quanto mai desiderabile anche per l’Italia, che ha nel Giappone un partner strategico in campo commerciale con un i terscambio annuale da 12 miliardi di euro.

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