Le baruffe da asilo tra i capi di partito

Chi mi conosce sa bene che essere contraddetto non rientra tra i miei passatempi preferiti, considerato che l’anagrafe e l’esperienza mi consentono di proferire parole mediamente dotate di senso e sano realismo, ma lontane dal pontificare. Ancor meno mi dà gusto dar credito pubblico a chi dimostri di farsene un baffo nel giro di una manciata di giorni. I miei ventiquattro lettori (sto sempre un passo indietro a don Lisander) ricorderanno che non più tardi di settimana scorsa annotavo la singolare coincidenza che vedeva ritrovarsi, nel panorama politico lecchese, una schiera di segretari di partito interamente compresa tra i trenta e i cinquant’anni. Sempre i solerti sfogliatori di questo quotidiano avranno in mente che parlavo della loro “ingenua baldanza” come di una speranza per sfuggire alle più trite dinamiche di bandiera e di partito, riservando invece idee ed energie alla tutela degli interessi del territorio, al dialogo franco tra omologhi e anche a quelle scuole di pensiero politico che rifuggono le burrasche della retorica e inseguono invece la brezza ben più sottile delle argomentazioni. Non chiedevo molto, insomma. Ma forse chiedevo troppo.

Nel giro di due soli giorni ho dovuto assistere anzitutto allo scambio di comunicati stampa al vetriolo tra Manuel Tropenscovino (Pd) e Daniele Butti (Lega) riguardo la sede della Motorizzazione civile. Ora, a parte il fatto che qualcuno dovrebbe spiegare ai nostri pasdaran che i comunicati stampa non sono semplici figurine o sms. Non sono testi sacri, ma pur sempre si inscrivono al “carta canta”. Debbono in fondo consegnare notizie, non si pubblicano e ripubblicano al solo scopo di avere l’ultima parola, come quando tra innamorati al telefono nessuno dei due intende chiudere per primo la comunicazione. Secondo: la questione del rischio trasloco della Motorizzazione lecchese affonda a tal punto le sue radici nel terreno del peggior sclerotismo burocratese e a tal punto sarebbe stata un autogol degno di Comunardo Niccolai, che risolverla non è un fatto di merito. Casomai, un semplice caso di dignità politica.

E invece ecco i nostri due alfieri suonarsele di santa ragione a botte di comunicati. “La morale sembra essere sempre la stessa: il Pd fa danni, la Lega li risolve”, è l’affondo di Butti, che in una dozzina di parole pretende di riassumere dieci anni di dibattito politico sugli enti locali. “Che tristezza la Lega che perde le elezioni nel Lecchese e cerca di rilanciarsi con le fake news! Evidentemente, dopo la bastonata, non sa a cosa appellarsi”, rilancia Tropenscovino con analisi degne di un bancone da bar. Chiude ancora Butti: “Sia mai… le fake news le lascio tutte al Pd. È inutile iniziare un comunicato parlando di elezioni perse da parte della Lega per togliere lo sguardo dal reale. La Motorizzazione a Lecco è una vittoria della Lega per il territorio”.

Ma non è finita qui. Per offrire un’ulteriore rovescio alle mie speranze, ecco il buon Roberto Gagliardi (Forza Italia) irritarsi per una legittima analisi del sindaco uscente Massimo Panzeri di Merate, tempestandolo di invettive passivo-aggressive e ventilando l’ipotesi che “probabilmente il candidato sindaco non era il cavallo giusto”. Il cavallo? Ma che espressione è? Io, senior, ricordo solo i cavalli di razza della Prima Repubblica, che, ragli al cielo non inviavano e neppure conoscevano il suono delle pecore che belano.

Tempo dodici ore, ed ecco la controreplica di Butti. Sostanzialmente dà a Gagliardi dell’intenditore di ippica, e gli ricorda (fino a una settimana prima facevano foto unitarie con Panzeri) di essere stato scaricato da Dario Perego, terzo candidato in lizza.

Mi consolo, tuttavia, ricordando un aneddoto del succitato Niccolai, stopper del Cagliari dello scudetto, che apparso sul piccolo schermo con la maglia azzurra nella leggendaria partita Italia-Germania 4-3, scatenò l’ironia del suo mister, il filosofo Manlio Scopigno: «Nella mia vita mi sarei aspettato di tutto, ma non di vedere il Comunardo in mondovisione»: io, fiducioso che sapranno riscattarsi, mi auguro di non vederli solo a cuocere salamelle alle feste di partito.

© RIPRODUZIONE RISERVATA