Mamma mia, l’uomo sta cadendo sempre più in basso, e per uomo intendo genere umano, ormai senza paracadute. Dove nascono questi brutti e dolorosi pensieri? C’è poco da fare, basta la cronaca quotidiana sempre più disseminata di agghiaccianti e feroci efferatezze. Nei giornali i cronisti di nera sono costretti a un superlavoro: femminicidi quasi quotidiani, minorenni ascuola con il coltello, stupri e violenze di gruppo ed anche singole, bullismi che portano al suicidio delle vittime, mamme che uccidono i loro neonati e li seppelliscono. Penso che nella mia vita da cronista non abbia mai vissuto stagioni piene di sangue come le attuali.
Chissà cosa direbbe mia nonna se tornasse in vita davanti a tutta questa disumana malvagità, lei che aveva di colpo “dismetù de parlacch al murus” (allora così si diceva) perché “el bagaj”era finito per qualche giorno in prigione avendo fatto il duro con la guardia municipale. Adesso una delle colpe più gravi di tutto questo male è però anche la sempre aggressiva tecnologia digitale. Il pur utilissimo smartphone è pur aggeggio micidiale. I ragazzi lo usano per calunniare, per ricattare (con il reveng porn, per esempio) compagne e compagni. D’altra parte da quando l’uomo si è dedicato alla tecnologia per migliorarsi, il primo utilizzo fu per compiere gravi reati. Meucci non fece in tempo a inventare il telefono che la mafia italo americana negli Stati Uniti, prese a telefonare a piccoli o grandi imprenditori per le estorsioni telefoniche: “O paghi, o te metìmmo ‘na bomba”. È però sempre più aggressiva anche la violenza subdola, zitta zitta,nascosta ma che striscia come un serpente nei meandri della nostra vita, in particolare in quelli dei giovani.
Proprio in queste perversioni hanno gioco facile questi sofisticati arnesi che l’informatica ci ha messo a disposizione sempre con l’intento di migliorare la nostra vita, agevolare il nostro lavoro ma che, sotto sotto, sono pieni di serpi striscianti che sono assai nocive al morale dei giovani, ancora gracile, qui facile dall’essere suggestionato negativamente.
Sono un frequentatore delle strade che ci aprono Facebook ed altri social. Le percorro perché agevolano il mio lavoro (chiamiamolo così anche se sono un vecchio pensionato), ma anche per soddisfare qualche curiosità. Ebbene da qualche tempo devo osservare come questi social sono pure assai pericolosi. Ormai cose orrende come le bestie feroci che fanno a brandelli povere gazzelle, zebre, davanti a schiere di “turisti” appollaiati sui fuori strada con bramosi obiettivi puntati. È davvero uno spettacolo orrendo, anche se, alla fine della fiera, le belve che uccidono altre bestie è legge della natura, ma quel che mi pare spaventoso è il piacere fanatico, esaltante che questi sempre più numerosi spettatori vanno a cercare. Pagando profumati ticket. Proprio come al tempo dei romani nel circo, con le belve che mangiavano i cristiani dando spettacolo al popolo: “panem e circenses”.
Quanto si è tornati indietro, dunque. Oltre al ricordo appassionato del suo autore, il grande maestro di giornalismo comasco Natale Gagliardi, mi ha portato a meditare e a farmi ritrovare un po’ di sollievo, il suo vecchio libro “La giostra e i larici d’oro”, è uscito quasi da solo dalla mia disordinata biblioteca. Con la sua tagliente ironia, il suo modo di raccontare che porta il lettore alla derisione dei protagonisti, Gagliardi racconta l’imbruttimento di Madesimo, passato in pochi anni da antico paesetto pieno di cultura e di saggezza a una selva di orrendi condomini.
Quando non è stagione di derisioni lo schieramento di enormi palazzi nel vuoto, nella solitudine sembra di vedere una giostra al mattino: scrive l’autore: «A me le giostre al mattino fanno pena: l’immobilità, il silenzio, la stessa luce diurna sembrano fatti apposta per mettere i difetti che non riesci a cogliere rallegra i bambini che l’affollano gioiosi».
Natale non lancia accuse dirette, basta la sua pungente ironia per denunciare quello che ritiene un male. Adesso però, caduti così in basso, anche l’ironia acuminata del maestro Natale servirebbe a ben poco.
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