Contromosse del Cremlino per battere l’isolamento internazionale, in cui è piombata la Russia, e contemporaneo inizio della super-esibizione di muscoli dell’Occidente per riportare Vladimir Putin alla ragione.
E’ sufficiente fare quattro passi sul Nevskij prospekt a San Pietroburgo per rendersi conto dello sforzo immane di mostrare agli ormai stufi connazionali che non esiste solo l’Occidente.
Ovunque sui maxi-schermi è pubblicizzata l’Assemblea parlamentare dei Paesi del Brics, ospitata nella capitale baltica.
Mosca è arrivata persino ad organizzare giochi o campionati dell’Organizzazione che raduna questi Paesi emergenti, forse per compensare i russi per l’esclusione da Euro2024 e dalle Olimpiadi.
Ma non è solo propaganda. Dopo aver incontrato nelle ultime settimane i leader di Cina, Corea del Nord e Vietnam Putin ha abbracciato a lungo davanti alle telecamere il Premier indiano Modi a cui ha assegnato un’altissima onorificenza.
E come non farlo dopo che New Delhi è stata fin qui fondamentale per aggirare le sanzioni occidentali post 24 febbraio 2022 con “triangolazioni” ad hoc. Proprio dall’India è transitato il petrolio, che Mosca non ha potuto vendere all’Occidente, dirottato verso altre destinazioni.
Chiaramente gli indiani hanno goduto di forti sconti sull’acquisto di greggio federale e le loro merci se ne sono avvantaggiate sui mercati mondiali.
Ma da dopo che in dicembre l’Amministrazione Biden ha detto “basta” – bloccando i circuiti finanziari internazionali – miliardi di dollari in rupie sono ferme nelle banche indiane (succede la stessa cosa da sei mesi anche in Cina!) e i russi non sono in grado di riportarseli a casa.
Tradizionalmente l’India è uno dei maggiori acquirenti di armi prima sovietiche poi russe. Utilizza tali rapporti di amicizia per controbilanciare le sue pessime relazioni con Pechino. Nel 2020 nel Kashmir soldati cinesi e indiani si sono ammazzati a bastonate in un’area demilitarizzata.
Modi - non dimenticandosi che è il Primo ministro della più popolosa Democrazia del mondo - non ha potuto evitare il riferimento all’ospedale pediatrico colpito a Kiev nel suo incontro con Putin, che, a causa del mandato di arresto del Tribunale del L’Aia sui crimini di guerra, non può viaggiare all’estero come vorrebbe. L’anno scorso il capo del Cremlino è stato costretto a disertare il summit del Brics in Sud Africa. Come gli americani hanno dato l’ultima stretta alle sanzioni economico-finanziarie in dicembre, adesso l’Occidente sta facendo lo stesso in campo militare.
A Putin sono stati concessi oltre due anni per concludere la sua “Operazione speciale” in Ucraina. Ora la pazienza è finita, questo il messaggio.
Il 75esimo summit dell’Alleanza atlantica a Washington ha emesso “luce verde” alla risposta coi fatti. A parte la consegna di aerei-missili-sistemi di difesa all’Ucraina (con l’impegno di non bombardare il territorio russo) – consegna in precedenza rallentata nella speranza di un ravvedimento del Cremlino - gli occidentali hanno cominciato a sfoderare le armi loro stessi. I missili a lunga gittata sono pronti, è stato detto al Cremlino. Presto l’Ucraina aderirà alla Nato o entrerà sotto l’ombrello occidentale, come succede già per Israele. Dopo tale momento anche un solo vettore lanciato contro Kiev sarà considerato conseguentemente. A Mosca il ministero degli Esteri ha risposto invitando i propri militari a spiegare all’Occidente la sua dottrina nucleare.
In breve, è cominciata la super-escalation. Nelle prossime settimane se ne sentiranno delle belle, sperando che nessuno perda il controllo.
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