La musica classica usata come manganello

Chi tra voi non può vantare – almeno in stato di sobrietà – un’approfondita conoscenza della geografia finlandese, sarà sorpreso nell’apprendere che a poca distanza dalla capitale Helsinki sorge una città dal nome curioso: Espoo. Chi scrive, non proprio un erudito in fatto di cose finlandesi, ha appreso dell’esistenza di Espoo solo da poco, e in virtù di una curiosa notizia riportata da mezzi d’informazione di tutto il mondo. Ma prima di procedere con l’attualità, ecco qualche utile informazione pratica: Espoo ha più di 300mila abitanti ed è preceduta solo da Helsinki nella classifica dei centri più popolosi del paese. Si tratta di un agglomerato urbano dalla conformazione particolare, composto com’è da diversi distretti ben distinti, tra i quali è difficile individuarne uno che possa rivestire il ruolo di centro cittadino come noi lo immaginiamo. Per questo suo sviluppo “diffuso”, Espoo è nota anche come la “Los Angeles finlandese”, una circostanza che le dà lustro anche se, va detto, a Los Angeles nessuno si considera in cambio abitante della “Espoo americana”.

Espoo eccelle poi per le spiagge balneabili: ne comprende ben otto. Una sorpresa, se si vuole, visto che la Finlandia, nell’immaginario collettivo, raramente è associata a bagni, pattini, creme solari, cocco bello e krapfen caldi. Invece, è proprio così. Il sito della locale Pro Loco (“Prø Løcø”?) spiega che le otto spiagge, provviste di bagnini, sono a disposizione dei residenti senza che debbano pagare nulla per accedervi. Non solo: le aree per chi vuol farsi una nuotata sono ben delimitate e la “qualità dell’acqua viene costantemente monitorata”. E voi che pensate di tornare a Riccione anche quest’anno!

Certo, perfino a Espoo la gestione delle spiagge comporta qualche problema, ma niente paura: a vigilare che tutto fili liscio ci pensa la polizia locale.

E qui veniamo alla curiosa notizia di cui sopra. Dai notiziari internazionali apprendiamo che non di rado bande di giovinastri scorrazzano nottetempo per le spiagge balneabili, accendendo falò, tracannando alcolici e in generale facendo quel che fanno i personaggi della loro risma. Risultato: alla mattina le spiagge si presentano colme di rifiuti, saranno forse ancora balneabili, ma certo poco adatte a semplici bagnanti e innocenti famigliole. La polizia ha però escogitato un sistema originalissimo per tenere a distanza i giovani turbolenti: la notte, fa diffondere sulle spiagge musica classica a tutto volume. All’ascolto, pare che i ragazzotti finlandesi si ritraggano come vampiri alle prime luci dell’alba. Particolarmente efficaci nel mettere in fuga i facinorosi, “Sul bel Danubio blu” di Strauss e l’“Ave Maria” di Schubert.

La particolarità della notizia non sta nella scoperta che, salvo notevoli e lodevoli eccezioni, ai giovani la musica classica non piace: così è oggi e così era quando Vasco Rossi ancora non si faceva la barba. La stranezza sta nel fatto che questa avversione – o meglio, questa mancanza di sintonia con un mondo musicale che, in età giovanile, è difficile apprezzare contando solo sulle proprie forze intellettuali – venga ufficialmente usata da una pubblica istituzione come manganello virtuale. Si parla di iniziative per “avvicinare” i ragazzi alla musica – da noi il progetto Opera Education dell’Associazione Lirica e Concertistica Italiana (AsLiCo) da anni lavora per aprire ai ragazzi le porte della lirica -, ma in Finlandia si procede all’opposto: il II movimento della Pastorale di Beethoven (andante molto mosso) sgombera gli adolescenti meglio di un idrante. Se la cultura non aiuta in senso positivo, si saranno detti a Espoo, che almeno si renda utile come strumento repressivo. Le opportunità di sviluppo sembrano interessanti. Perché infatti fermarsi alla musica? Per disperdere un assembramento di giovani hooligan ecco un bombardamento di versi della “Gerusalemme liberata”. Una gang di scapestrati schiamazza in istrada? Giù quartine carducciane come secchiate d’acqua gelata.

Che l’ultima frontiera della cultura sia il far da sfollagente è un po’ triste, ma visto come siamo messi non è che sorprenda più di tanto. Diceva Mao: “Colpirne uno per educarne cento”. Oggi siamo all’educarne uno per colpirne cento. Come commento finale ci starebbe bene il “Requiem” di Verdi, ma, insomma, c’è un limite alla brutalità poliziesca.

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