La marcia moldava in direzione dell’Europa

L’integrazione europea non si ferma. Anzi accelera, soprattutto nei Paesi al di fuori dei Ventisette. Solo così, pensano le leadership di chi desidera aderire all’Ue, ci si può garantire un futuro di prosperità, democrazia e rispetto dei diritti.

L’ultimo caso in ordine di tempo è quello della Moldova, dove domenica agli elettori verrà chiesto in un referendum se inserire nella Costituzione l’obiettivo dell’ingresso nell’Unione europea. Il termine che gli europeisti locali si pongono è quello del 2030. La tragedia russo-ucraina ha determinato un ulteriore impulso eurocentrico. Solo così ci si può mettere al riparo non solo dalla revisione della globalizzazione selvaggia degli ultimi decenni ora in corso a livello internazionale, ma anche garantirsi uno spazio di maggiore sicurezza davanti ai pericoli presenti.

Non deve quindi stupire che in Moldova - una striscia di terra tra Romania ed Ucraina, popolata da 2,5 milioni di abitanti, - i partiti centristi e della destra, in lite su tutto, abbiano come elemento comune il desiderio di traghettare il loro Paese al più presto all’interno dell’Ue. E i filo russi del partito socialista abbiano poco da controbattere in una realtà che ha già vissuto, nel 1992, il dramma di una guerra civile con la regione della Transnistria - dove ancora oggi stazionano 1500 militari russi - staccarsi da Chisinau per strizzare l’occhio a Mosca.

Lo scontro tra gli europeisti e i loro avversari è frontale tanto che la polizia moldava ha denunciato che, solo a settembre, dalla Russia sono arrivati 15 milioni di dollari per “comprare” la preferenza di 130mila elettori che alle urne eleggeranno anno anche il nuovo presidente. Ciò che può sorprendere chi non conosce queste realtà periferiche è che quel mare di soldi non mira tanto ad influenzare la scelta del nuovo capo dello Stato (dovrebbe venire riconfermata al probabile ballottaggio la filo europeista Sandu) quanto proprio il referendum.

Il progetto europeo ha creato un “polo” attrattivo che ha ribaltato secoli di storia e di geopolitica. Per questo gli ultranazionalisti russi non possono permettersi di non dare battaglia. È proprio l’Unione europea il vero nemico di questa gente, che appoggia ovunque “euroscettici” e impresentabili.

Un momento. L’aspetto etimologico diventa qui importante e serve comprendersi.

Davanti agli occhi avremo presto un nuovo “allargamento” a Est dell’Ue – dove “allargamento” ingenuamente si potrebbe intendere come espansione.

Ma quale termine andrebbe meglio utilizzato quando un popolo vota - in modo democratico e libero - per le proprie scelte future di campo? È l’Ue che si è “allargata” oppure è la Moldova che ha abbracciato il progetto comune? Ugualmente lo stesso concetto andrebbe applicato alla Nato. Nel 1999 è l’Alleanza atlantica che si è “allargata” in Europa centrale oppure i suoi popoli, memori delle tragedie passate, hanno voluto legare il proprio destino ad una realtà diversa? Attenzione, stando ai sondaggi in Moldova i russi, con cui esistono scambi secolari, non sono mal visti dalla gente. Anzi. Ma è l’attuale linea geopolitica dell’amministrazione Putin ad essere osteggiata.

In ultimo. Ricordiamo con tristezza analoghi afflussi di denaro (raccontati dalla stampa occidentale) o promesse rese pubbliche di “finanziamento” da parte del Cremlino all’allora presidente ucraino Janukovich, mentre nel 2013-2014 a Kiev era in corso il “Maidan” con milioni di persone in piazza a pretendere il rispetto della propria scelta europeista. Come si vede dal caso moldavo, passa il tempo ma i vecchi vizi rimangono.

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